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7ZUMA7 – Deep inside
Ed eccoci alla recensione di uno dei migliori gruppi nati nella fertile terra olandese, autori dell’omonimo Ep, e di “Deep Inside”, unica prova edita sulla lunga distanza, e purtroppo scioltosi in prossimità del terzo millennio. I membri del combo di Eindhoven, non giovanissimi, facevano tutti parte da tempo di precedenti esperienze underground del loro paese, esperti e selvaggi musicisti di hard, space rock e garage, e costituirono i 7Zuma7 (scritta che compariva su un off-shore da competizione) con l’intento di fondere in una fornace cosmica (si diceva proprio così…) lo stoner di Kyuss e Monster Magnet con il rock acido di Quicksilver, Who e MC5, il tutto condotto con la grazia di un caterpillar. Inoltre il loro stile contemplava anche un’attitudine glitter mutuata da gente tipo T. Rex, ma non c’è nella loro musica la minima traccia di ammiccamenti glamour, trattandosi piuttosto di rotondo e nervoso stoner/r’n’r, dai forti connotati sessuali e dalle sonorità panzer, coadiuvate da una sezione ritmica devastante. In questo senso è stato forse un esempio insuperato nel corso degli anni ‘90. Un’altra caratteristica è stata la voce di Jerry van Eyck, della scuola di Ian Astbury dei Cult, ma dallo stile più asciutto e aggressivo. Tanto per cambiare i temi toccati dai quattro stoner-addicts riguardavano spesso il mondo patinato e corrotto dello star-system, con particolare attenzione al dramma delle giovani starlettes risucchiate in giochi senza scrupoli… Si parte con l’anthem “Mirrorman”, un acid rock penetrante e potentissimo guidato da riff ossessivi, quanto variabili, e da una conduzione vocale a dir poco orgasmica: in breve la perfetta colonna sonora di un’orgia in quel di Amsterdam… La dose viene rincarata da “Over&Over&Over” – un titolo che è tutto un programma – con la stessa strategia precedente, solo dagli effetti ancora più letali. Davvero mostruose la coesione strumentale e la struttura del brano, che annulla le barriere tra rock’n’roll e psichedelia ultra-heavy: un vero e proprio manifesto del settore. Non riusciamo davvero a riprenderci perché parte il riff vizioso del superbo strumentale “Fistful Of Dolls” (che titolo! e che vertigine!), anche qui un condensato magistrale di rock acido e superamplificato, a livelli toccati solo dai contemporanei The Heads e Karma To Burn (e in seguito Dead Meadow e 500Ft. Of Pipe): più che un brano musicale è una porta che spalanca un mondo parallelo di ipersensualità e lascivia; dato che ormai ci siamo entrati, è la seguente “One At Time” che ci mostra come fare, con istinto e ragione che agiscono in perfetta concomitanza su un tappeto sonoro superblues. “Diamonds 2000” consta di altri 9 minuti di forti sensazioni, dall’incedere ora soffuso ora vagamente doomy, ma è sempre la psichedelia a farla da padrone con i suoi crescendo. Più prettamente stoner e cadenzata risulta invece “Crawling”, forse un rituale d’accoppiamento tra una modella di lap-dance e un rettile del Giurassico. La quiete terrena sopraggiunge con l’estraniante ballad “Savannah”, dedicata alla famosa pornostar (groupie dei Motley Crue), morta suicida dopo che un incidente stradale le aveva sfigurato il volto. “Acid Manic”, “J. Quicksand” e “Heroin Chic” sono degli incendiari connubi tra Who e Blue Cheer sotto l’egida dei Monster Magnet di “Superjudge”, sempre mantenendo alto il livello delle pulsazioni. Il finale è affidato ad una versione molto bella di “The Seeker”, proprio dello storico gruppo di Townshend e Keith Moon. Francamente erano strepitosi, ma anche decisamente eccessivi per un’affermazione su ampia scala come si era pronosticato, soprattutto se pensiamo che la trasgressione sarà data in pasto alle masse con l’ombelico della Spears e gli atolli dei vip. A noi comunque rimane quest’eccelso, puro distillato olandese, da sorseggiare infreddoliti dopo una pazzesca corsa in motoscafo. Roberto Mattei

Categoria: Recensioni