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500 Ft. of Pipe – The Electrifying Church of the New Light
Dopo il successo di critica e pubblico suscitato nel circuito stoner da Dope Deal, ecco che la Beard of Stars ritorna in pista con i 500 Ft. of Pipe ristampando l'album d'esordio della band di Detroit, targato 1999 (allora era uscito sulla label personale del gruppo, la High Clopse Music, in sole 300 copie). Cambia l'artwork (opera come sempre della Malleus) ma non la strada percorsa: siamo infatti al cospetto di un travolgente heavy psych rock spaziale che pesca dalle radici del trio (MC5 e The Stooges) e al tempo stesso rielabora questo sound contaminandolo con aperture lisergiche vicine ai Monster Magnet e maree di fuzz in stile Nebula. L'uso debordante delle tastiere da parte di Ross Westerbur costruisce i soliti tralicci acidi cavalcati dalle chitarre ipnotiche di Kevin Edwards e dal drumming selvaggio di Mick Stone. Nonostante in fase di songwriting ci sia qualche momento di stasi rispetto a Dope Deal, l'alternanza di atmosfere fumose (basta prendere come esempio la conclusiva title track, dieci minuti di pura astrazione sonica in perfetto equilibrio tra psichedelia e sperimentazione) e sterzate garage (a partire da Turn Me On, Baby passando per la trascinante Molotov Cocktail fino ad arrivare all'onirica Sonic Nutrition) rende il prodotto impedibile per tutti gli amanti di queste sonorità. Su tutte le tracce presenti prevalgono però Open the Pod Bay Doors, Hal, caratterizzata da un finale kubrickiano allucinato e caotico, e soprattutto Mashmallow, brano dove chitarre e tastiere si fondono in una miscela narcolettica, a metà strada tra Doors e Hawkwind, mentre il groove sprigionato dalle ritmiche diventa avvolgente e a tratti straniante… Insomma, un capolavoro di vero acid rock. Una riscoperta senza dubbio interessante questo The Electrifying Church of the New Light, consigliato a chi adora il genere come a chi non ha ancora assaporato le magnificenze del capolavoro Dope Deal.   Alessandro Zoppo  
57 CHEVY – 440 six pack
Forte di una tradizione targata 7Zuma7 e Beaver (ma non solo…), l’Olanda ci dona l’ennesimo gruppo stoner, i 57 Chevy. Provenienti da Rotterdam, Roland (chitarra e voce), Raymond (batteria) e Robert (basso) sono ormai in giro da diversi anni (dal 1997 per la precisione) e con il nuovo “440 Six pack” ci propongono una mezz’ora scarsa di onesto stoner rock. Se l’idea di pubblicare un cd composto da sei brani tutti della durata di 4 minuti e 40 secondi è simpatica ed interessante (in linea con l’idea generale del disco), purtroppo in alcuni casi il risultato lascia a desiderare. La registrazione è infatti scarsa ed inefficiente mentre in fase di songwriting c’è molto ancora da levigare per rendere i pezzi dinamici e maggiormente incisivi. Se “Slogan man” e “The tyger” (traccia che vede la partecipazione del singer dei Blind Dog Tobias Nilsson) rappresentano gli episodi più deboli del disco (mosci e senza mordente, stoner di maniera con forte ascendenza Kyuss e Fu Manchu), è sulle restanti canzoni (senza considerare la conclusiva “Last lust lost”, rumori assortiti assemblati per chiudere le danze) che va svolto tutto il lavoro futuro. “Diemansion” ha ritmiche toste e trascinanti su cui si staglia un refrain azzeccato, caratterizzato dalla tonalità sporca e possente di Roland che fa pensare ad un incrocio tra John Garcia e Spice. “Pal(e)” è invece una strumentale viziosa, oscura e pachidermica che come stile si rifà alle sonorità dei Karma To Burn. Infine, “Six pack” ha un groove avvolgente e belle melodie piazzate con giusta caparbietà e feeling desertico. La sufficienza i 57 Chevy la strappano proprio in virtù di questi lampi di creatività, ma la strada da percorrere per poter uscire dalla media è ancora lunga. Solo il tempo potrà dirci chi avrà la meglio, nel frattempo noi saremo qui ad aspettare… Alessandro Zoppo
5IVE – Hesperus
No, signori, non siamo di fronte alla roboante e rimpianta (c'è qualcuno che li ricorda ancora???) boyband d'Albione che tanto ha fatto sognare una generazione di automi devastati dal brainwashing dell'industria musicale (e non solo: quando ci si riferisce anche senza profondità di analisi alla manipolazione delle masse bisogna considerare una pianificazione più vasta e centri di controllo molto più sfuggenti alla vista): qui si tratta di salubre stoner!A cinque anni dall'ultimo album (si era addirittura ipotizzato uno scioglimento), se si escludono l'ep "Versus" del 2004 e lo split con Kid 606 edito l'anno successivo, i bostoniani 5ive rilasciano "Hesperus". Il titolo, con evidenza ispirato dalla mitologia greca, fa riferimento a Hesperos (Vesper, in latino), personificazione della stella della sera (dell'occidente, del tramonto), fratello di Eosphoros (detto anche Phosphoros, in latino Lucifer), stella del mattino (dell'oriente, dell'alba), entrambi figli di Eos (Aurora, in latino). Il lavoro è distribuito dall'attenta Tortuga Recordings, etichetta legata a doppio filo alla Hydrahead di Aaron Turner. Abbandonate le coordinate sludge dei primi due dischi (i davvero validi "The Telestetic Disfracture" del 2001 e "The Hemophiliac Dream" del 2003) per un approccio leggermente meno pesante, il gruppo, ormai ridotto ai soli due membri ufficiali Ben Carr (chitarre) e Charlie Harrold (batteria), si dedica con perizia certosina a costruire brani che sembrano, al contrario, scaturiti da jam session: un invidiabile dinamismo nei frequenti cambi di tempo e nelle costanti divagazioni (auto)controllate ma, soprattutto, una valanga di fuzz. Proprio il contrario delle quasi placide (ma torbide) acque raffigurate in copertina. I due mostrano un'abilità disarmante nella costruzione di climax bidirezionali imperniati su melodie molto efficaci: la nuova attitudine giova all'immediatezza e alla fruibilità, rendendo l'album un ascolto intrigante. Ardua operazione è citare singoli brani, considerato l'amalgama del lavoro, ma gli apici del disco potrebbero essere individuati nel secondo brano, dal titolo "Big Sea", e il dittico conclusivo "News I" - "News II". I quasi 45 minuti del disco rappresentano una significativa dichiarazione di intenti da parte del gruppo: un flusso sonoro capace di non rendere incostante l'attenzione e che non dovrebbe passare inascoltato. Raffaele Amelio

Categoria: Recensioni