AKRON – Il tempio di ferro

Compito non facile recensire un concept album che trasuda templarismo in ogni traccia. Chi come me ha letto almeno una decina di saggi storici sull’argomento ed effettuato ricerche di ogni tipo, rischia o di apparire o troppo poco imparziale o eccessivamente critico.
Ma partiamo per gradi. Gli Akron nascono come progetto di Enio Nicolini, bassista dei The Black, e hanno già all’attivo altri due album. Con questo terzo capitolo entrano a pieno merito nel campo dell’opera rock. Enio rappresenta un po’ la mente di questa band. Copre ottimamente sia le vesti del musicista, sia quella del songwriter. Il CD è corredato da un booklet succoso, dove si ha subito un riscontro di quanto possano essere gnostici questi testi, insieme ad un libretto di 90 pagine (scritto dal cantante Eugenio Mucci ed intitolato “Il Labirinto Ottagonale”), che purtroppo non viene fornito nell’edizione fuori commercio.

Capire cosa abbiano significato i Templari durante il medioevo e cosa abbiano rappresentato in tutta la civiltà occidentale per due interi secoli vuole anche dire capire alcuni di quegli strani meccanismi che regolano la società odierna. Non solo gli assetti politici legati all’area del Medio Oriente, ma anche parte di quelle strutture organizzate che fanno da fondamento nella nostra vita di tutti i giorni. Vi rimando alla sezione che ho interamente dedicato alla storia dei Templari per non dilungarmi su argomentazioni che trascendono la parte musicale.

Musicalmente parlando gli Akron risultano indefinibili. Sicuramente la vena oscura è quella più evidente, ma etichettarli come doom risulta limitativo. Personalmente mi hanno fatto venire in mente un certo tipo di rock sinfonico di stampo seventies. Già la open track si può collocare in questa breve descrizione. Melodie sospese e cori la fanno da padrone. L’uso degli strumenti viene arricchito dal suono dell’organo e dal pianoforte come nel caso di “A Gerusalemme”. La voce di Eugenio Mucci impersonifica in maniera espressiva ogni sezione dei brani riuscendo a descrivere gli stati d’animo di questo drammatico viaggio nel tempo. Una delle più ignobili condanne della storia dell’umanità in “Il giudizio” ne è la giusta rappresntazione. Mentre la conclusiva “Condanna” si presenta giustamente senza parole. Epigrafe funeraria di un massacro reale che fece piombare l’Europa intera nell’oscurantismo più profondo.

Potrei parlare di questa opera all’infinito. Del simbolismo in cui è immerso, non solo nei testi e nelle parole ma anche nell’artwork dell’album stesso. L’ottagono di retro copertina, piuttosto che il baphomet immortalato all’interno. Simboli profondi che richiederebbero un enormità di spazio per essere descritti.

Gli Akron ci consegnano un opera piena e completa. Niente a che vedere con molte delle dozzinali band gothic metal che hanno cercato di toccare l’argomento più per il fascino dell’esoterismo e del mistero che per profonda conoscenza. “Il Tempio di ferro” non è propriamente un album stoner, ma se non avete pregiudizi per ciò che è inclassificabile e volete cominciare a comprendere cosa possa aver significato la parola spiritualità nel nostro passato, non esitate ad ascoltare questo ottimo lavoro.
Non Nobis, Domine, Non Nobis, Sed Nomini, Tuo Da Gloriam!

Peppe Perkele