BABY WOODROSE – Drop Out!

Se gli On Trial ci hanno deliziato con le cover di “Head”, questa volta tocca al progetto satellite Baby Woodrose proseguire lo stesso discorso. Come una sorta di pacifico botta e risposta la band guidata da Lorenzo Woodrose esplora le proprie radici e rende un sincero tributo a tutte quelle band che ne hanno segnato il percorso artistico.Per chi conosce già il gruppo e ha assaporato le magie garage psych dei loro due lavori ufficiali (“Blows your mind” e “Money for soul”) non sarà difficile immaginare quali colossi del passato sono stati omaggiati. Per tutti gli altri invece diciamo subito che in questo cd troverete perle di garage punk e psichedelia che hanno inciso la storia della musica durante gli anni ’60. Non un nuovo lavoro per i Baby Woodrose insomma, ma una fase di passaggio per chiarire a tutto il mondo dove nasca il loro sound.
Apriamo subito con i pezzi più conosciuti. “Can’t explain” dei Love (onore e gloria ad Arthur Lee!) avvia le danze: non a caso questa ballad inacidita verrà scelta come primo singolo per il lancio del dischetto. Un tuffo nell’anno di gloria 1966. Inevitabile è una cover dei 13th Floor Elevators, tra i padri della psichedelia, omaggiati con una splendida “I don’t ever gonna come down”. Ovvia anche la presenza degli Stooges, resi in maniera acida e corrosiva con “Not right”. Altri dovuti atti di devozione sono quelli a Captain Beefheart and His Magic Band (ottima la cover di “Dropout boogie”) e ai fondamentali The Sonics, celebrati con l’isteria vibrante di “I’m going home”.
Sul lato più nascosto invece spicca per intelligenza ed arguzia l’aver riproposto “I lost you in my mind” dei Painted Faces (garage band che potrete gustare ascoltando l’antologia “Anxious color”), “Who’s it gonna be” dei Lollipop Shoppe di Fred Cole (coloratissimo garage psych!), il proto punk “The world ain’t round, it’s square” dei Savages, “This perfect day” dei Saints (tratta da “Eternally yours” per l’unico gruppo che sfora negli anni ’70) e “A child of a few hours” della West Coast Pop Art Experimental Band, misterioso collettivo di musicisti che sul finire degli anni ’60 animava la scena di Los Angeles. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, come in una rilettura dei “Nuggets” o dei “Pebbles”, raccolte di culto che hanno fatto la storia del garage.
“Drop out!” non è un lavoro fondamentale, questo è chiaro. Ma la passione, gli arrangiamenti, la cura dei particolari lo rendono appetitoso e sincero. Un incentivo per conoscere glorie passate purtroppo oscurate dalle corrosioni della memoria.

Alessandro Zoppo