BABY WOODROSE – Third Eye Surgery

Sesto studio album per i Baby Woodrose, ormai un’istituzione quando si parla di garage acid rock. Sempre su Bad Afro Records, sempre con la consueta formazione guidata dal buon Lorenzo, “Third Eye Surgery” suggella il compimento di un percorso che aveva trovato nei fondamentali “Chasing Rainbows” e “Baby Woodrose” dei passaggi essenziali. Dai classici riferimenti quando si parla del progetto (per i completisti ossessionati: 13th Floor Elevators, Love, The Sonics, The Painted Faces, The Savages) a chicche oscure della psichedelia Sixties come The Torchbearers, The Fallen Angels e Growing Concern, il sound di “Third Eye Surgery” aggiunge due elementi chiave alla materia. In primis, una produzione pastosa e multiforme, con arrangiamenti che sfoggiano una complessità notevole. Senza per questo dimenticare ciò che rende i Baby Woodrose uno dei migliori gruppi in circolazione: la capacità di scrivere bellissime canzoni. In secondo luogo, una varietà stilistica che i precedenti album non conoscevano. In questo nuovo lavoro, trovano posto il garage rock acido e speziato, le derive space progressive di Dragontears e Spids Nøgenhat, un appeal flower power mai così spiccato.Si parte a razzo con due canzoni da lacrime agli occhi come “Down to the Bottom” e “Waiting for the War”: due pop song ipercinetiche e drammatiche, gioielli che in un mondo saggio e giusto sarebbero in cima ad ogni classifica. Synth astrali e sitar che odorano di garam masala contraddistinguono la deliziosa “Dandelion”, cantata in duetto con Emma Acs. La parte centrale del disco si arricchisce di inflitrazioni spaziali a partire da “It’s Just a Ride”; “Bullshit Detector” è il brano più visionario e drogato mai scritto da Lorenzo, perfettamente a suo agio nei panni di guru psichedelico (emerge il gran lavoro effettuato agli studi Black Tornado di Copenhagen con l’aiuto di Anders “Evil Jebus” Onsberg). “Nothing is Real” completa il quadro con un esotico sitar ed un chorus da mandare a memoria per le future generazioni. Quando credi che i colpi in canna siano terminati, ecco arrivare tra capo e collo la travolgente “Love Like a Flower” (un uomo che scrive lyrics come love your enemy, save more energy / change reality, third eye surgery non può che essere amato) ed il psychotropic lollipop della title track. Metaphysical facelift o imaginary spaceship che sia, questa chimera alla triptamina è un sogno psichedelico dannatamente eccitante.
Il finale con la delicata ballad cosmica “Honalee” conclude un album real fucking high. Lo splendido artwork di Kiryk Drewinski completa il tutto, un ulteriore tassello di magnificenza ad un disco che profuma di polvere di stelle e ha il sapone dolce della Dimetiltriptamina.

I grew up in a treadmill at the bombshell factory. They tell me war is peace and TV is reality. But I don’t wanna feel like nothing is real.

Alessandro Zoppo