BARONESS – Blue Record

Esplosi in poco tempo, i Baroness rappresentano già un passo obbligato all’interno della nuova scuola post-metal di cui i connazionali Mastodon sono stati apostoli. Del four-piece di Atlanta, John Baizley e soci riprendono una certa irruenza di fondo e l’approccio progressivo, dalle fitte trame chitarristiche, elementi che già sul full-length di debutto erano ben visibili, se non addirittura maggiormente preponderanti. Quel “Red Album” che fece balzare dalla poltrona in molti.Lievi ritocchi ed un attento lavoro di ripulitura, hanno portato a questa nuova release targata Relapse Records. Le chitarre guizzanti e dinamiche restano, così come quella sezione ritmica pulsante e corposa, ma le voci oltre a guaire tentano di emanciparsi melodicamente, riuscendoci ampiamente. Anche le strutture sembrano essere più snelle. Un lavoro molto più lineare, a tratti particolarmente easy-listening, come nelle meravigliose “Swollen and Halo” e “A Horse Called Golgotha”, quest’ultima vera e propria hit commerciale. Non da meno la rockeggiante “Jake Leg”, l’ideale punto d’incontro tra garage e progressive rock approcciato da quattro metallari della Georgia. Ottime le varianti acustiche, di ampio respiro e straordinariamente ben congegnate. Molto piacevole anche l’utilizzo di una stessa trama riutilizzata in diversi episodi sotto spoglie differenti di volta in volta, dall’intro “Bullhead’s Psalm”, all’intermezzo “Ogeechee Hymnal”, fino all’outro “Bullhead’s Lament”, chiaro tributo alla scuola prog rock d’antan. Ma come in ogni disco che si rispetti, c’è la perla. In questo caso si chiama “The Sweetest Curse”, pezzo che riassume in sé tutte le caratteristiche positive dei Baroness, culminante in un refrain semplice ed efficace, gustoso da canticchiare sotto la doccia, in auto nell’ora di punta, o da fischiettare allegramente ovunque. L’unico esperimento forse appena meno riuscito riguarda “O’er Hell and Hide”, interamente basata su un pattern groovy-dance, che se non altro sa mettere in luce l’aspetto più giocoso del quartetto di Savannah.
Sempre sublime la veste grafica, affidata ancora una volta a John Baizley (cantante/chitarrista), ormai divenuto un vero punto di riferimento per la scena con i suoi artwork visionari.
“Blue Record” è un disco che cresce dopo vari ascolti, al superamento dei quali non potrete ascoltare altro per diverso tempo.

Davide Straccione