BETULARIA – La Stanza Di Ardesia

“La stanza di Ardesia”, disco d’esordio dei livornesi Betularia – giunto dopo l’ottimo ep del 2004 “La calma e l’immenso” (co-prodotto dalla Red House Recordings di David Lenci) – presenta tutti i crismi dell’alternative indie rock italiano. Produzione artistica di Riccardo Parravicini (fonico dei Marlene Kuntz), collaborazione esterna di Gianni Maroccolo, produzione esecutiva di Suoni Sommersi. Così come tutti i difetti di un progetto del genere: influenze chiare e piuttosto nette che a volte spengono la personalità del gruppo. Detto ciò – limite maggiore in un lavoro di questo tipo -, i dodici brani dell’album suonano freschi e poetici, scritti e suonati con grazia, senza dimenticare robuste scosse elettriche che donano una sana corposità rock.Prevalgono comunque atmosfere sospese ed eteree, testi intelligenti e visionari, un lirismo mai troppo esasperato. Se in molti episodi aleggiano prepotenti i fantasmi di Afterhours (“Una notte fioca di lume”, “Ferro vecchio”) e CSI (“Sagome”, “Tutto a mio modo”, “L’esodo dei girasoli”), è nell’ipnotico gorgo di “Etere fluido”, nelle discrete infiltrazioni elettroniche di “La quiete di ora” o nella psichedelia romantica di “Un certo sentore” e “Breve riflessione” che Simone Turchi (voce), Gabriele Porciani (chitarra), Cristiano Minelli (basso), Giacomo Salvadori (batteria) e Nicola Porciani (tastiere) trovano la propria, autentica cifra stilistica.
Scavando in questa direzione e approfondendo alcuni tagli di luce decadente che richiamano certa new wave tricolore (“La calma e l’immenso”, “Misture”), i Betularia potranno affrontare la prova del secondo episodio discografico con maggiore libertà.

Alessandro Zoppo