BIONIC – Deliverance
Il Canada non è mai stato terreno di conquista per le band dedite a suoni ruvidi e selvaggi. Dopo l’uscita di “Deliverance”, secondo disco dei Bionic che segue l’esordio omonimo del 1998, siamo contenti di aver sbagliato parere. Questo dischetto infatti non inventa assolutamente nulla di nuovo (nonostante sia stato incensato da Kerrang e buona parte della stampa trendista come un vero e proprio capolavoro…) ma spacca che è un piacere!
Si tratta infatti di un concentrato di stoner punk’n’roll che non lascia scampo nel suo eccessivo disfarsi: le chitarre ruggenti e le vocals urlate dei due “barbosi” Ian Blurton e Jonathan Cummins corrono a velocità folli, la base ritmica (Paul Julius al basso e Tim Dwyer alla batteria) li accompagna alla perfezione assestando colpi di rara precisione. Da questo miscuglio ne viene fuori un disco rabbioso ma al tempo stesso melodico, corrosivo ma coinvolgente, da assaporare nei momenti in cui le arrabbiature quotidiane cominciano a non dare più tregua…
In “Deliverance” c’è dentro davvero di tutto: dal punk al vetriolo di scuola Nick Oliveri nei suoi Mondo Generator (“Turn you out”) all’hardcore (quello melodico dei Bad Religion in “Shake it Annie, Shake it!” e quello senza compromessi dei Black Flag in “Bad times”), passando per il rock’n’roll granitico di scuola Detroit che è tornato tanto in voga oggi (“Disarm”, “Little mistake”) e le contorte armonie che i Queens Of The Stone Age stanno insegnando ad intere generazioni di musicisti (“Nobody to blame”, “Better”, “Ballad of the electric brains”). Un groviglio di suoni che fila liscio come l’olio, dal principio fino alla fine, quando “Do it now” concede il conclusivo colpo di grazia con una scarica di suoni psicotropi da levare il respiro…
Tanto clamore intorno ai Bionic forse è un po’ eccessivo, ma un punto fondamentale a loro favore rimane certo: “Deliverance” è un disco dal gran tiro, essenziale e dinamico quanto basta per scaricare tutta la vostra adrenalina…
Alessandro Zoppo