BUTTERED BACON BISCUITS – From the Solitary Woods
Esordio interamente autoprodotto, rilasciato per di più sotto licenza Creative Commons e dunque meritevole di rispetto, per gli italiani Buttered Bacon Biscuits. Quintetto non più giovanissimo, con tanta esperienza perché musicisti da anni sulle scene ed on stage, ma che ha l’energia e la voglia dei ventenni. Le atmosfere degli anni settanta sono cariche di ricordi e di grande musica, forse perché è il decennio che più di tutti ha forgiato la musica (relativamente) pesante e che ha segnato pesantemente il desiderio di cambiare e di sperimentare, passando dal prog all’hard rock, fino a giungere alle esperienze del movimento kraut.Dai primissimi minuti del full lenght traspare un irresistibile appeal per la melodia e per l’orecchiabilità dei brani: radio friendly che però è “nemica” delle classifiche degli ultimi anni. Se infatti anziché essere pubblicato nel 2009, fosse stato un vinile del 1975 allora non ci dovremmo stupire di trovare alcuni brani tra le decine di singoli che ancora oggi ascoltiamo con piacere e nostalgia. Il disco si snoda tra un hard rock con una forte matrice blues ed un prog dalle venature psichedeliche, cogliendo dai grandi del rock le sue influenze più forti. Questo non è assolutamente un difetto perché non si scade nel mero manierismo revival, ma in qualcosa che si è in debito ora con i Deep Purple ed ora con i Pink Floyd, ma lo fa rielaborando e “ristrutturando”.
Si parte subito con l’ottima “Cross-eyed Jesus”, intensa e catchy , uno dei brani migliori e più immediati. Segue “Losin’ My Pride”, con il suo cocktail invitante di stoner e hard rock, a cui si affiancano pian piano atmosfere oniriche e sognanti. “Another Secret in the Sun” e “Essaouira” rilassano e ci fanno sentire al sicuro, dei veri e propri safe place in cui riposare e sapere di essere protetti. “I Hope You’re Feeling Bad” rincara la dose di energia galvanizzante e speziata, con un ritornello intrigante. Parlare di Allman Brothers, The Who, Black Sabbath, Led Zeppelin e Jimi Hendrix sarebbe noioso quanto banale perché sfidiamo qualunque hard rocker ad affermare di non avere una forma mentis legata a questi nomi.
Chiude la tripletta “Into the Wild”, “No Man’s Land” e “State of Mind”, dimostrazione di ottime idee, che permettono ai BBB di ambire ad una maggiore visibilità e vaste platee.
Gabriele Sgabrioz Mureddu