CONFESSOR – Unraveled
I Confessor sono tornati. Un tragedia li ha riportati tra noi. La morte del chitarrista Ivan Colon li ha riuniti in un concerto celebrativo; non ho mai compreso appieno i perché della sparizione dalla scena metal della band americana, ed ero ancora più meravigliato del perché non fossero idolatrati nei quattro angoli del globo. In pieno fermento death, i Confessor stupivano con composizioni capaci di mescolare sonorità innovative con la voce cristallina ed affascinante del cantante Jeffreys che si muoveva con nonchalance su estensioni altissime. Non si trattava di doom, né di death, né di alternative, almeno non in senso tradizionale. Una voce schizoide e ritmiche serrate, e molto dovuto all’eccezionale drumming di Stephen Shelton, un vero manico dei tamburi. Qualcuno li definì ‘il metal del futuro’, e devo dire che finora la profezia non si avverata. Dopo gli eccellenti full lenght e un mini titolati ‘Condemned’, gli americani si sciolsero nel 1994 e ora sono tornati. La seminale band (citata tra gli altri anche da Phil Anselmo, Mike Ammot, Nile e Lamb of God) dà alle stampe questo materiale, una interessante virata verso sonorità doom alla Saint Vitus/Trouble/Cathedral/Black sabbath, un doom settantiano di grande impatto e spessore sapientemente miscelata con la grande tradizione Confessor. Un bel programma, non c’è che dire. “Cross the bar” esordisce con un riff tellurico alla Cathedral che stende il povero ascoltatore e spiazza chi ricorda pezzi come “Condemned” e “Collapse into Despair”, tratti dall’LP di esordio. “Until tomorrow”, “Wigstand” “Blueprint soul” “Sour times” “Strata of fear” faranno la gioia di doomster old-school, capaci di colpire dritti al cuore in maniera mai banale, i vocalizzi di Jeff hanno perso le estensioni più alte ma guadagnato in pathos, stesso dicasi della batteria. Signori, ecco come si può fare doom metal classico ma con originalità, evitando di risultare ampollosi o insabbiandosi in schemi triti e ritriti. Troviamo eco dei vecchi Confessor in “The downside” e “Hibernation”, mid tempo tracks con Shelton in gran spolvero, e ne vale davvero la pena, credetemi. Non si butta quanto di buono si è costruito in passato; i Confessor sono un bene prezioso da preservare accuratamente. Col cuore, io sostengo la loro causa.
E mi unisco ai Confessor nel ricordare Ivan Edward Colon.
Gale La Gamma