DESERT SUN – American sound normal

Devono essere cresciuti a pane, Kyuss e Queens Of The Stone Age i tedeschi Desert Sun, giunti con questo nuovo “American sound normal” alla prima uscita ufficiale dopo un ep di quattro brani edito nel 2000 e varie partecipazioni a diverse compilation. Erano in molti a porre alte aspettative nei confronti dei quattro (Ru, Steffen, Helfi e Tom), aspettative che in quest’occasione vengono rispettate solo in parte.I Desert Sun hanno infatti un buon approccio alla forma canzone, sanno scrivere pezzi ben congegnati, onesti e diretti. Ma mancano ancora di una identità precisa, andando a cozzare spesso e volentieri contro lo spettro (piuttosto ingombrante) di Josh Homme, tanto in versione Kyuss quanto in quella nuova delle sue ‘regine’. Insomma, ciò che fuoriesce da “American sound normal” è un sincero prodotto di genere, che si posiziona sull’asse di gruppi come Dozer e Astroqueen, Duster69 e Calamus, giusto per rimanere in ambito teutonico. Non un disco da buttar via, ma neanche qualcosa di eccezionale.
La prima parte del lavoro è quella che convince di più, soprattutto la tripletta iniziale di composizioni (“Fortified”, “You lose” e “The line”), schegge melodiche e roboanti, erette su muri di chitarre e ritmiche granitiche, tenendo sempre ben presente la linea catchy che sia d’impatto e appiccicosa a dovere. Fin quando si tratta di qualche brano la formula funziona, ma a lungo andare il sistema rischia di stancare. Così a partire da “The end” il ritmo cala, si fa fatica a distinguere tra una track e l’altra e la lunga durata (50 minuti) appesantisce la resa finale. Solo il tiro esagitato di “Cannelloni ride” (bel titolo) e la dilatazione psichedelica di “Once” e “Comedown” (nei quali emerge anche un certo spirito dark, evidenziato da un cantato in stile Danzig) donano piacevoli scossoni in un’atmosfera di torpore generale.
Non è certo una realtà da bocciare quella dei Desert Sun. Diciamo solo che alla prossima uscita una maggiore personalità e delle idee in più saranno assolutamente necessarie. Per ora qualche inserto di sitar non basta a movimentare la situazione.

Alessandro Zoppo