EREMITE – Dragonarius

Eremite è il progetto solista di Fabio Cuomo, musicista che vanta precedenti esperienze quale batterista nell’underground genovese in ambito stoner e metal con nomi quali White Ash, Nerve e Sin a Lot. Attualmente è membro degli Endtyme, band prossima all’esordio discografico. Con Eremite Fabio si propone come possente polistrumentista e “Dragonarius” ne è il risultato. Il titolo dell’album, pubblicato da Taxi Driver Records, fa riferimento ad un antico lago nei pressi di Genova, ormai completamente prosciugato, situato dove sorge la casa di Fabio e dove ha scritto e suonato da solo l’intero lavoro, semplicemente registrando la musica che avrebbe voluto ascoltare lui per primo. Al progetto si sono in seguito uniti Luca Fiorato e Giulia Piras, rispettivamente alla batteria e al basso. “Dragonarius” si compone di due lunghe tracce per un totale di 40 minuti; il sound è un olocausto sonoro nel quale si incontrano sludge, doom e forme di black metal e industrial death.Musica ossianica, cupa, heavy e monolitica, che sembra voler trasmettere tanto dolore, un dolore insito ed intimo, figlio della solitudine e dell’incomprensione che attanaglia le vite di molti e figlia dell’era che ci circonda. Un concetto di depressione come riflessione, è la frustrazione che si erge sotto forma di heavy riff claustrofobici e solenni. Un inno al nichilismo? “Contemplating the Silent Monolith” è il primo dei due brani ed è subito un riff portentoso che segue un ritmo lento ed insistito, lasciando poi spazio ad aperture sinfoniche in cui il doom diventa black, il black diventa sludge e così via, in un susseguirsi di sofferenti emozioni che si tramutano in improvvisa quiete. La contemplazione, come ci suggerisce il titolo, ed infine ancora riff martellanti e stato di disagio. Una song sinistra e a suo modo risoluta. Con “Not of This World” le sonorità sono incalzanti e heavy, la vena black sembra accentuata e trova spazio anche qualche elemento post industrial death, mentre il doom sembra ridursi. Forte un senso di inquietudine ci assale.
“Dragonarius” è un album che probabilmente non verrà ricordato per la sua innovazione, ma che certamente ci consegna diversi motivi d’interesse. Un disco maestoso e straziante, le cui influenze vanno da YOB a Voivod, passando per Wolves in the Throne Room, Neurosis e Morbid Angel, Cough e Pink Floyd giù fino ai Dissection e al più marcio sludge blackened doom. Per sempre sperduti nell’oceano…

Antonio Fazio