EVAN CAMINITI – Dreamless Sleep

La Thrill Jockey, etichetta discografica di stanza a Chicago, dimostra qualità speciali nell’individuare quei movimenti sotterranei che fanno della musica la vera e propria materia di ricerca e sperimentazione nel campo dell’arte. Pubblicando Arbouretum, White Hills, Pontiak e Alexander Tucker dimostra come una mentalità aperta verso la magia psichedelica possa creare album di altissima qualità anche se percorrono strade e soluzioni diverse. A conferma c’è la pubblicazione di questo bell’album “esplorativo” di Evan Caminiti (chitarrista nei Barn Owl) che con un seven pieces, snello nella durata, ci mostra il suo “Voyage Automatic” all’interno del cosmo o, a seconda delle fantasia dell’ascoltatore, l’esplorazione degli abissi marini. Non è un caso che venga citata la natura, poiché le tracce strumentali hanno in sé qualcosa di squisitamente organico: il battito lento di un cuore rilassato, il ritmo dolce di un respiro nel sonno, l’alchimia in technicolor delle visioni nei sogni. Esteticamente siamo ad una equidistanza tra Jesu, i sunn 0))) meno ingombranti e gli Ozric Tentacles in jam: il tutto apparentato con quello che poteva passare nella testa alle band kraut anni Settanta che prevedevano, attraverso il synth, ciò che si sarebbe ascoltato negli anni Ottanta (Jean-Michel Jarre, Mike Oldfiled, Kitaro).Il viaggio ha inizio con un abbandono “Leaving the Island” e così, guardando alle spalle la terraferma che si allontana, si naufraga nel notturno brillante di “Bright Midnight” appoggiato interamente nel mood in crescita dei synth. Si sviluppano i temi espansivi di “Symmetry”, “Fading Dawn”, “Absteigend” e “Veiled Prayers” in continua mutazione diacronica tra chitarre pulite, micro fuzz evanescenti, delay maturi e flanger in combutta con phaser e si conclude il viaggio attraverso lo schiarirsi dell’orizzonte di “Becoming Pure Light” dove la chitarra abbandona i suoi mantra per diventare protagonista aggraziata e distorta.
Il tutto scorre piacevole e lento, come se la vita non dovesse finire mai, con un ritmo finalmente lontano dalle ansie, in ricerca della forma estetica più aderente alle nostre emozioni in continuo movimento, come nelle parole dell’artista: … It was deconstructed and reformed into a different album than what it had once been, echoing some of the themes I wanted the songs to reflect initially – the way our memory changes events in the past and how our surroundings define us.
Puro espressionismo della coscienza.

Eugenio Di Giacomantonio