JOHNSON NOISE – Johnson noise

Per ogni appassionato di musica è davvero un piacere andare a riscoprire vecchi dischi che al tempo della loro uscita non meritarono le luci della ribalta o semplicemente il giusto consenso. La Nasoni Records, etichetta tedesca da sempre attenta al folto sottobosco heavy psichedelico mai emerso, segue perfettamente questa linea di pensiero e a dieci anni di distanza dall’uscita dell’album rimette sul mercato il primo full lenght omonimo dei Johnson Noise, power trio di tutto rispetto dall’altissimo gradiente onirico e lisergico.
L’heavy psych dei tre berlinesi (Chris alla batteria, Florian chitarra e voce e Jurgen al basso) è infatti roccioso e vibrante, ben prodotto e suonato, incentrato sul chitarrismo sfrenato di Florian e su un eclettismo di base che consente al lavoro di mantenersi sempre vivo ed appetibile durante tutti i suoi 74 minuti di durata. Punti di riferimento fondamentali per i Johnson Noise sono gli Hawkwind (il legame di parentela con i Motorhead invita i tre ad una travolgente cover di “The watcher”, brano che porta la firma di Lemmy Kilminster) e soprattutto i Monster Magnet del primo periodo, influenza riscontrabile per un certo gusto nelle fughe astrali e per parti vocali roche e “strozzate”. Ciò è evidente in bordate come le iniziali “Motormadness” e “Bad neighborhood”, supernova che si infrangono contro un muro sonoro veramente devastante.

Dove si osa di più è nei passaggi doom psych di “Waiting everywhere for anybody” (un mix micidiale di Doors e Pentagram!) o nello space rock oscuro di “Downhill” dove l’aria si fa rarefatta e si viaggia attraverso spazi siderali. Ed è proprio questo grande senso di accelerazione ed immediata sospensione la carte vincente di tutto il cd, un affogare e riemergere da un plasma ora liquido ora pesante che avvolge e respinge, che espande la mente e poi la richiude. Non a caso il miglior brano del lotto, la lunghissima “Blind” (16 minuti), è la sintesi esatta di questo meraviglioso processo, un esempio di heavy cosmic rock con sapori retrò che si perde nei meandri di chitarre trasbordanti, dialoghi strumentali serrati e languidi frammenti d’armonica. Armonica presente anche nel blues deviato di “What is a lifetime facing the existence of the earth” e che, insieme all’organo liquido di “Dead end in the evolution” (altra grandiosa mazzata!) e al sitar della strumentale “Sitarvision”, contribuisce ad elevare la ricchezza compositiva del disco.

I Johnson Noise non cambieranno certo la storia del rock ma il loro esordio meritava di sicuro miglior sorte. Il piacere della jam psichedelica incarnato in un’ora e passa di grande musica. A breve ci sarà il ritorno ufficiale con un vinile edito sempre dalla Nasoni. A questo punto non vediamo l’ora di assaporarlo…

Alessandro Zoppo