King Bong – Beekse Bergsen, Vol. 1 & 2

Mi trovo a recensire questi due album dei King Bong, formazione milanese dedita all’antica arte del minimalismo strumentale, rivisitata in chiave psichedelica. I due volumi che compongono Beekse Bergsen sono una sorta di cammino dentro e fuori metafora, come spiegano i membri stessi della band. Ogni brano segue un percorso naturale dove la musica è il Caronte di turno, che spiega e dispiega la traccia seguita ricordandomi concettualmente il dialogo musicale di Prokof’ev (Pierino e il Lupo).

A un primo ascolto la ritmica ossessiva è saltata all’orecchio ricordandomi le atmosfere dei Tool di Aenema, e andando avanti la via lattea tracciata dagli arpeggi semplici e ossessivi hanno rafforzato la mia idea, principalmente per via della fortissima contaminazione jazz delle percussioni.

Il primo volume di Beekse Bergsen (composto da tre lunghe tracce) è delicato, ridondante e al limite del disarmonico, per fortuna. Una sorta di sessione di improvvisazione divisa in tre atti, in un crescendo di ritmica, tensione adrenalinica e tempo che si dilata e restringe. Il ritmo diventa incalzante e tribale, tribolando in un marasma di effetti vintage. Personalmente trovo alcune idee della parte centrale un po’ troppo articolate, e preferisco le atmosfere più morbide e psichedeliche dell’intro e dell’outro. La svolta noise dell’ultimo capitolo di Beekse Bergsen profuma d’oriente e di estremismo estetico. Il suono diventa meno strutturato e il flusso emozionale cresce in una composizione veramente d’atmosfera.

Nel secondo volume, Beekse Bergsen – Electric Bogaloo, c’è tutto quello che di meglio avrei potuto aspettarmi dopo l’ascolto della primo. Un’evoluzione stilistica rivolta al minimalismo, con la sessione ritmica sempre in primo piano: le percussioni la fanno da padrone, sia in senso tecnico che in quanto a volume e quantità. Complimenti a Matteo Ravelli, per la prestazione. Davvero.

La svolta più elettronica e astratta dei King Bong di Bogaloo mi piace molto: la trovo un originale distacco dai canoni di un genere che sta cercando di scavare troppo in se stesso (parlo della nuova psichedelia tanto in voga negli ultimi anni). Una più che discreta mistura di rock’n’roll e avanguardismo che non dispiace sia a un orecchio più critico, che all’ascoltatore rilassato.

King Bong

 

In fede,
S.H. Palmer