LONG DONG SILVER – Bound To Bleed

Viziosi, determinati, sarcastici, travolgenti e pure decisamente sfacciati, i Long Dong Silver approdano finalmente al primo Lp vero e proprio, dopo l’omonimo mini CD (autoprodotto, 2002), compilation e split (entrambe su Scarey Records) e soprattutto diversi tour in Europa e USA, in cui hanno diviso il palco con urticanti band stoner/r’n’r che continuano ad agitarsi noncuranti di qualsivoglia trend. Il merito è solo uno: la formula esplosiva che imperterriti i LDS continuano a proporre. Rock’n’roll alla Hellacopters/Turbonegro/Datsuns/Hanoi Rocks appesantito e inacidito, e infatti non è difficile ravvisare anche influenze stoner rock, glam-punk e hard’n’heavy (leggasi Kiss, Blue Cheer, Kyuss, Suede, Pawnshop). L’approccio rimane comunque sempre snelllo e sinuoso, come dimostra in primis l’assalto distruttivo della title-track, ben pilotato dalla voce versatile e vissuta di Datura Stramonium, frontman all’altezza della situazione e spesso decisivo.L’anima NY Dolls/Stones emerge invece nella seconda “People Like It Rough”, che anticipa un anthem ad alto voltaggio: “Generation Masturbation”, brano notevole con chorus sentiti e accattivanti. Il mid tempo di “Spike Heals & Leather Mask” suona come una versione aussie-rock dei Backyard Babies, ossia crepitante hard equilibrato da insinuazioni sleazy.
A sorpresa “The Beast Inside Your Heart” si avvicina alle folgorazioni modern-blues dei Masters of Reality (periodo “Sunrise on the Sufferbus” per intenderci), “Alcazar”, “Some 1.2.8” e “Live To Get Fucked” sono hard rock che impastano Misfits, Dead Boys, Stooges, Glucifer e lo stoner, e per concludere il party finale garagista arriva con la sfrontata energia di “10.000 Years of Pain”.
Una volta si diceva che per ascoltare un disco rock’n’roll fatto come dio comanda bisognava fare qualche migliaio di chilometri; provate a mettere “Bound to Bleed” e ne riparliamo.

Roberto Mattei