LOST MOON – Lost moon

La scena musicale di Benevento (specie in ambito rock) è quasi del tutto morta: dopo l’ascolto dei Lost Moon scopriamo con immensa sorpresa che questi quattro ragazzi hanno al loro arco numerose e acuminate frecce… Uscito nel 2002 per la Lostlands Rek. (etichetta indipendente fondata dal gruppo stesso per l’autodistribuzione e l’autopromozione della propria musica), l’album “Lost moon” si dimostra un disco compatto, variegato e soprattutto ricco di idee: le coordinate sonore vanno ricercate nei meandri del dark sound psichedelico degli anni settanta, sotto l’egida dei numi tutelari Black Sabbath.
Ma non si tratta della solita “xerox-band” che prende i riff di Mr. Tony Iommi e li rielabora senza capo né coda: su un tappeto fatto di aggressività e potenza si calano esplosive schegge psichedeliche, rigurgiti punk e acide contaminazioni tribali. Ovviamente il lavoro presenta i suoi difetti (una registrazione decisamente non all’altezza ed alcuni suoni troppo scarni e poco corposi), ma si tratta di aspetti su cui poter passare sopra e non solo per il nostro senso campanilistico…

La base solida su cui piantare un futuro roseo c’è e lo dimostra un brano come l’iniziale “Light inside”, che, preceduto dall’“Intro” molto onirico e visionario, parte in quarta per merito dei riff tirati e dei wah-wah lisergici di Stefano Paolucci, anche vocalist dall’approccio a volte strettamente melodico, a volte più ruvido, supportato ottimamente dal drumming possente del fratello Pierluigi e dal basso avvolgente di Adolfo Calandro. Una particolare attenzione viene riposta anche nei testi, nei quali viene posto l’accento sui viaggi introspettivi e sulla rabbia che genera il vivere nel degrado e nella frustrazione della società di oggi, quindi un altro punto a favore del quartetto…

Un’ottima rappresentazione per il tipo di tematiche trattate è proprio “Flow”, song di heavy rock a tinte oscure dove le chitarre si fanno sabbathiane fino al midollo (la cavalcata finale è davvero da brivido…) e la sezione ritmica viene impreziosita dalle percussioni di Mauro Colloca. La successiva “Burnt” riporta alla mente i fasti dei Motorhead, piena com’è di irruenza e attitudine punk venata di collera e sdegno che culmina nel “fuck you liars” del chorus…le acque si calmano invece con la seguente “Acoustick”, momento rilassato e meditativo molto zeppeliniano nel suo ricamare tessiture di folk gaelico e di lirismo ipnotico, con qualche sbavatura però nelle parti di chitarra solista. A riportare il lavoro su sentieri contorti e mesmerici ci pensa “Cradle of madness I”, oltre sette minuti di acid rock cupo e mellifluo, che se da un lato fa pensare ai primi Soundgarden (specialmente in alcune accelerazioni dal mood plumbeo e ossessivo), dall’altro riverbera cascate di feedback e distorsioni asfissianti e psicotrope, merito di uno Stefano perfettamente a suo agio nel martoriare la sua sei corde in modo liquido e morboso.

Ci avviamo così verso la conclusione, non prima di aver attraversato le lande desolate di “Lostlands” (appunto…), episodio ancora una volta votato alle sonorità che hanno reso celebri Ozzy e compagni, con un tocco doomy a dare una scossa lugubre al tutto e una coda ultradilatata che riprende forza solo per concedere la mazzata finale. La chiusura dunque avviene con “Cradle of madness II”, vortice strumentale fatto di sinuosa heavy psichedelia tribale, portata ai massimi livelli dal basso slabbrato di Adolfo e dall’ottimo gioco a due di chitarre e percussioni.

In conclusione, i Lost Moon si rivelano un’ottima realtà in un desolato panorama musicale come quello beneventano, se sapranno limare alcune angolature spigolose del proprio sound potranno davvero fare un balzo di qualità decisivo. La volontà e il coraggio ci sono, quindi non ci resta che augurare loro un caloroso in bocca al lupo…

Alessandro Zoppo