MEATJACK – Days of fire

Rabbia ed intelligenza sono le doti principali dei Meatjack. In giro dalla metà degli anni ’90 (hanno all’attivo il convincente disco d’esordio “Trust” ed uno split con i Damad), il trio proveniente da Baltimora piazza la stoccata vincente con il nuovo “Days of fire”. Gli amanti delle sonorità nervose, brutali ed apocalittiche di Neurosis, Unsane, Melvins e Today Is The Day gioiranno non poco: 40 minuti di distorsioni acide, sterzate noise che lacerano i padiglioni auricolari, frammenti hardcore, riff possenti e vocals impazzite in tipico stile sludge.
Ma la varietà ai fratelli Brian (chitarre, voce) e Jason Daniloski (basso, voce, chitarre), accompagnati alla batteria da Eric Dixon, non manca affatto: se pezzi come l’iniziale “Sleep” (andamento da caterpillar e chitarre che macinano riff su riff), la sparatissima “50 Years” o la malsana “Cold flight” trasudano disagio e violenza, ci pensano altri episodi strumentali a donare vigore e genialità al disco. “Face down” ad esempio unisce rumore e groove in ampie dosi, “Sea of tranquillity” viaggia su frequenze ambient psichedeliche e “Blue” si adagia su una struttura acustica di stampo zeppeliniano per poi creare un clima di tensione che esplode nella forsennata “.45”.

Bellissimo è anche l’artwork (essenziale ma altamente suggestivo) ad opera di Stephen Kasner e azzeccata si rivela la produzione (realizzata dagli stessi Meatjack), che non si spinge oltre i propri limiti e sottolinea in maniera adeguata l’aggressività ragionata del songwriting. Basta ascoltare l’andamento in slow motion della title track (segnata da lugubri arpeggi di chitarra acustica e da una melodia à la Alice In Chains) o l’atmosfera asfittica creata dal monolito finale “Crawl” per rendersi conto di quanta personalità e valore fuoriesca dai microsolchi di questo dischetto.

Se siete in preda a manie autodistruttive lasciate perdere la scarnificazione o il delirio, mettete nello stereo “Days of fire” e presto diventerete carne da macello…

Alessandro Zoppo