NOSCRAPE – Noscrape

Non è proprio semplice dedurre quali effetti collaterali possa recare sugli ascoltatori il terzo “demo” (un’ora e mezza ! compresa la chilometrica ghost track !) dei Noscrape, quintetto di Bergamo tra i più estremi degli ultimi anni: il loro sludge/stoner è un insieme di radicalismo, pesantezza e abominevole devianza acida da lasciare basiti, e qualche difficoltà la avrebbero pure orecchie martoriate da anni… i nostri infatti ci sommergono di puro nichilismo sonoro alla Nightstick, Burning Witch, Melvins, esagerandone l’aspetto parossistico, completamente refrattari a qualsiasi concessione di speranza vitale.Sono comunque competenti nel farlo, e a loro modo evoluti, visto che l’apporto del synth dona una leggera aura sperimentale – sempre rigorosamente paleolitica – come già si evince dalla prima “The Room Of Smoke” (che rimarrà anche il pezzo migliore): dopo interminabili riff macinati in una betoniera di LSD, intervengono arpeggi grigiastri, solismi in feedback e soffi tastieristici da ripresa di coscienza, che ben descrivono il passaggio dallo stato di morte apparente alle prime funzioni corporee. “Hellfire” è ancor più soffocante ed emerge un’insospettata vena noise-crusty nell’inferno sludge, ma – anche se non immaginabili – le prove di forza devono ancora arrivare: “Stoning No.1 – Panzo On The Cross (b2)” che altri non è che la “Jerusalem”, “9 Joint Spiritual Whip” o “Absolute Ego” dei Noscrape, marcia e putrefatta, ovviamente non ai livelli delle sopracitate, ma che risulta interessante visto che i Noscrape ricorrono di tanto in tanto anche a riff più fluidi (sempre seppelliti nel caos organizzato), e “Rastafari”, ennesima mezzora, ma stavolta di pseudo-dodecafonia analogica. Non siamo ancora al capolavoro, ma i Noscrape si difendono bene, soprattutto se pensiamo a quella parte di sperimentatori con pretese intellettuali: qua c’è nefandezza, ribellione e rigor mortis, prendere o lasciare.

Roberto Mattei