OSSIMORO – Corvi Nel Cielo Spento

Altra realtà attiva nella capitale (sin dal 2002) sono gli Ossimoro, autori di un heavy rock che pesca un po’ da tutte le varie diramazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, perciò ecco susseguirsi 9 brani di discreta e buona fattura fatti di stoner, doom, wave rock ’80 e alternative-grunge, che creano una sensazione di compattezza più che accettabile, dovuta soprattutto al lavoro chitarristico di Federico che ricorre a riff post-sabbathiani, oltre che a partiture più propriamente metal o rock a seconda dell’evenienza. Anche la sezione ritmica fa il suo dovere, così come la voce di Francesco riesce complessivamente nel non facile intento di arrangiare il cantato nella nostra lingua con liriche decadenti e non banali.Il risultato di “Corvi Nel Cielo Spento” (che arriva dopo due demo) non è propriamente eccelso, ma sicuramente ascoltabile e piacevole, soprattutto in virtù delle capacità dei singoli componenti, che puntano al sodo con una certa dose di feeling, fattore tipico di musicisti meritevoli.
“Idoli di Paglia” deve molto ai Soundgarden rafforzati da rifferama doom, così come “Scimmie Di Dio” sembra sospesa tra alternative rock e Trouble. In “Immaginazione” e “Diva” la musica del destino si fonde con dura wave rock (soprattutto i Diaframma), ed oltre ad accelerazioni metalliche spiccano atmosfere in bianco e nero che incutono brividi sottocutanei. “Maschere” e “La Nona Porta” hanno un incipit vagamente progressivo anche se in realtà si tratta di canzoni heavy dai toni ruvidi, influenzati da Alice in Chains e Metallica (periodo hard).
“La Città Dorme” e “Schiavi del 21. Secolo” sono i brani più sintomatici: linee compositive senza sfilacciature sospese a metà tra Solitudine Aeternus e Stone Temple Pilots (!), così come “I Miei Eroi” è un cupo metal/rock in parte ribassato e in parte arioso, e in questa alternanza il gruppo pare sentirsi a proprio agio, senza troppi fronzoli.
Gli Ossimoro intraprendono una strada personale e dal cammino non proprio semplice: i frutti più succosi devono ancora maturare, ma nel frattempo questo primo album puo’ tranquillamente essere ascoltato in una campagna autunnale tra flussi di coscienza e solitudine interiore.

Roberto Matte