PERIZONA EXPERIMENT – Ora è Sempre

L’ultima fatica in studio dei Perizona Experiment risale al 2006, e va ad infoltire la copiosa discografia del grande gruppo pescarese, che ricordiamolo ha alle spalle già una decina di pubblicazioni, tra full-lenght, demo non ufficiali e live album, e conoscerne l’opera omnia significa addentrarsi nella lettura dei tomi di un’enciclopedia completa dello psiconauta: dallo space rock ‘contaminato’ dei primi dischi, passando per le successive ricerche psichedeliche ad ampio raggio contenute in “Kuxan Suum”e “Hunab Ku”, fino a “Ora è Sempre”, probabilmente l’opera più ambiziosa, che racchiude accessibile (ma elaborato) rock e avanguardia tout cour. Oltre ai molti collaboratori, la formazione è stabile su L’ex Luthor (chitarre, samples, altro) e Gabin (basso), i batteristi Herbert e Alessandro Paci, nonché la superba cantante Silvia e le varie voci maschili di Ebenio, Giulio e Nua; al mixer ritroviamo come da tradizione Marco Ranalli (Insider), che interviene anche in alcune partiture chitarristiche.La gustosa confezione ripiegabile del digipack contiene in allegato tutti i testi e l’immancabile gadget, stavolta una bella cartolina dedicata alla festa del raccolto, che avvolge il dischetto.
Il materiale e le idee che compongono “Ora è Sempre” sono stati concepiti nel quinquennio 2001-2005, ma mai pubblicati su altri cd, e trovano la loro compiutezza in questo bellissimo album, distante svariati parsec da qualsivoglia tentazione commerciale, pur nella sua registrazione pulita e studiata a fondo. L’incipit sono i versi recitati di “A Te”, un testo di origine ignota che invoca, è da presumere, tutte le generose meraviglie della sacra madre Terra, tra scrosciare di pioggia, loop magnetici con voce abissale alterata e il fischio del whistle, un inizio di viaggio sintomatico, verrebbe da dire…
Il primo brano vero e proprio è “Ora è Sempre”, introdotto da voci sciamaniche (un trademark dei Perizona) che lasciano fluire un rilassante rock psichedelico affine a Porcupine Tree, Velvet Underground e sotterranee esperienze di inizio millennio (Kropotkins): tra marcature blues, voci ed effetti fuoricampo, e il sottofondo di uccelli marini, viene evocata forse non a caso la struggente figura di Maureen.
Lo stesso inizio progressivo è riservato a “Reversus/Whistle For Ur” che trova i suoi sincronismi accoppiando un doppio narrato femminile inglese/italiano, su loop di musica cosmica e ripresa del whistle, che rimandano a Tangerine Dream e Klaus Schultze.
Rumori dall’abisso oceanico e i vocalizzi da sirena di Silvia condiscono “Deep Stirngs/L’Urlo”, uno dei brani più avant-garde: tenebrosi arpeggi generano tensione per lunghi istanti di minimalismo, poi sopravanzano scampanelii, i “soliti” samples sottili e stranianti che donano un’aura mistica, e accordi chitarristici psych, in un lentissimo crescendo che sovrappone space rock, electro e percussivismo orientale.
Subdola e ingannevole (come da titolo) “L’Infingarda Pescara”: rock/blues dalle stralunate cadenze reggae, scandito dagli ironici versi narrati ripetutamente da Silvia, con la cantante che in sottofondo si esibisce in un repertorio da brividi: dapprima imposta il suo timbro su registri gothic, poi dà ampio sfogo ad arie liriche e vocalizzi jazz.
“Now is Forever” (in bilico tra rock epico e blues) e “Jimi Love” (un dialogo tra ‘stoners’ preso dal festival di Wight sommerso da rumorismo psichedelico) sono interludi che precedono “A Billion Dollar Crop”, un altro must: un’apologia delle virtù dell’Erba, decantate da commenti di hippy, predicatori, magazine popolari, discorsi di Fiorello La Guardia (sindaco di New York degli anni 30), appelli subliminali antiproibizionisti e dialoghi filtrati tra consumatori, e musicalmente composta da un’eterogenea miscellanea di funky, progressive italiano, psichedelia, post rock e elettronica.
Seguono altri due brevi episodi effettati da synth, voci evocative maschili e basso in primo piano, “Speranza (Hope)” e “Ora e Sempre (reprise)”, e quindi è la volta della teatrale “La Via, La Verità, La Morte”: dopo una intro che deve molto ad Antonius Rex, prende corpo una psichedelia ossessiva con voce goth rock, intervallata da sfoghi da bad trip in sottofondo, su continui passaggi che rimandano al rock sperimentale di Jessamine e Shellac, infarcito di fasi solistiche più tipicamente prog-psych. Più impalpabile “Redentro”, basata su synth e voci sfuggenti, che generano anche in questo caso un rock siderale compenetrato da Floyd, ‘consueti’ Tangerine Dream e indie rock dei tardi anni 90 di gruppi come i Karate.
L’ultima traccia si dipana prima in “As Long as You Can”, immota avant-garde con vocalizzi femminili che riportano ad esperienze come The Third & The Mortal e Arcana perdute in qualche recesso dell’universo, poi nella ghost track di “Earthship Landing 2012”: sonar spaziali captano segnali alieni che si contraggono in un impercettibile sussurro esotico. Davvero un grande album, geniale, partorito dentro una piccola mela verde. [cit. da traccia 5]

Roberto Mattei