QUILL, THE – Hooray! It’s a death trip

Dopo appena un anno da ‘Voodo Caravan’ i The Quill risbucano dalle terre svedesi con ‘Hooray! It’s A Death Trip’, nuovo capitolo di hard rock settantiano maturo, sempre più focalizzato sulla melodia e ben rifinito negli arrangiamenti. Saggiamente la band non rinuncia all’impatto compiendo dei grossi passi avanti per rendere le canzoni snelle e consistenti.
La produzione di Daniel Bergstrand (In Flames, Meshuggah, Strapping Young Lad) è moderna – unica pecca a mio parere sono i suoni troppo freddi di batteria – ed esalta il ventaglio di sonorità del disco che a grandi linee si spinge verso un heavy-grunge a là Soundgarden/Audioslave. Insomma quanto di più lontano dalla novità assoluta ma non per questo meno vibrante.
Davanti ad alcuni pezzi così freschi e scintillanti non c’è novità che tenga; allo stesso modo si rimane perplessi davanti alla poca ispirazione di altrettanti pezzi che sembrano dei veri e propri riempitivi.

Quanto a impatto e potenza sono da segnalare Nothing Ever Changes, più riuscita della pur buona Spinning Around , e American Powder.
Su Too Close To the Sun i Quill rallentano i battiti, tirano fuori l’anima e si fanno condurre dalla voce di Magnus Ekvall, discepolo di Chris Cornell.
Hand Full Of Flies ha un leggero sapore psichedelico ed è un pezzo che avrebbe fatto scintille, come molti qua dentro, una decina d’anni fa. Su questo versante più completa è Control che si allunga sinuosa sul finire del disco.
Dalla torre sinceramente butterei giù la stanca Giver e riempitivi come Because I’m God. Ciò non toglie che ‘Hooray…..’ è un disco più che riuscito, per niente nostalgico e dal giusto appeal commerciale.

E sarebbe anche ora che i Quill si emancipassero dall’etichetta di “band dove suona Roger Nillson, bassista degli Spiritual Beggars, già in tour con gli Arch Enemy”.

Francesco Imperato