Rainbow Bridge – Dirty Sunday

Un blues acido e distorto è quello dei Rainbow Bridge da Barletta. Attivi da più di dieci anni, i tre sono entrati in studio in una giornata autunnale del 2016 ed hanno inciso questi cinque pezzi tutto di un fiato, senza sovraincisioni, dando libero sfogo alla loro natura di jam band.

Sin dal moniker scelto ci troviamo di fronte a dei ragazzi infatuati dall’experience hendrixiana a cui hanno addizionato peyote e THC per snaturare quel diavolaccio del blues dentro bordelli del Rancho de la Luna. “Dirty Sunday” ha proprio la pacca di una nottata brava a bere whiskey dalle tette delle spogliarelliste, mentre “Maharishi Suite” è una prova dell’abilità chitarristica del bravo Giuseppe “Jimi Ray” Piazzolla che dell’illustre omonimo argentino non ha nulla se non l’eleganza esecutiva.

I pezzi sono tutti strumentali e hanno la vocazione a sciogliersi liberamente tra le trame più casuali ed accidentali, anche se c’è sempre un gancio dove trovarsi per non far deragliare la questione. “Hot Wheels” è altra piccola pepita dove si spinge di più verso la potenza del riff piuttosto che nella fantasia dell’improvvisazione, mentre la conclusiva “Rainbow Bridge” è giusto il manifesto della band: un riff handrixiano al 100% introduce una jam assatanata dove i solos di “Jimi Ray” tagliano la sfera del reale… Ottimo antipasto per prove più lunghe ed articolate questo primo lavoro. Ma c’è di che gioire.

Eugenio Di Giacomantonio