RED GIANT – Devil Child Blues

Applauso e doveroso inchino per la Small Stone, etichetta di Detroit che ha ormai preso il posto della defunta Man’s Ruin nel regno dello stoner rock. Questa volta l’opera compiuta è più meritoria del solito: riportare in pista i grandiosi Red Giant, autori di dischi stupendi come “Psychoblaster and the misuse of power” e “Ultra magnetic glowing sound”. Ed era proprio da quest’ultimo lavoro (datato 1999) che la band non si faceva viva, destando apprensione tra i tanti che avevano goduto le gioie stoner psych punk di quel disco.A cinque anni di distanza le aspettative non sono state affatto deluse, anzi: “Devil child blues” ripaga ampiamente l’attesa restituendoci una formazione coesa, viva e pulsante, ancora capace di spaccare culi e far viaggiare sui tracciati astrali della psych music. La psichedelia più pura e furiosa però è stata momentaneamente lasciata da parte, la stasi eterea dell’acid rock è contratta e inserita in brani tirati e compatti, nei quali scorre fluida dilatandosi solo quando necessario.
Ciò che viene fuori è dunque un grandissimo lavoro, forse il migliore di sempre ad opera dei quattro. Si alternano infatti mazzate colossali come le iniziali “White mom” e “Jet pack” e divagazioni lisergiche del calibro di “I breathe fire” (lenta e soffocante come non mai), “(How ya doin’ that) Time machine” (stoner con la S maiuscola!) e “Devil child blues”, uno dei brani migliori del lotto per impatto e forza straniante.
Altrove è l’urgenza punk a farsi più pressante (“Hoping for the golden BB”, “Drip”), mentre “John L. Sullivan”, “Got it alone” e “Millenium falcon” sono Red Giant al 100 per 100, aggrovigliate e fumose matasse heavy psych tra le quali ci si fa strada a colpi di cambi di tempo e chitarre incandescenti. Ovviamente non poteva mancare il sigillo conclusivo: “Fun house”, tratta dal repertorio storico degli Stooges, riproposta con la giusta carica mesmerica ed il doveroso piglio hard punk.
Ci voleva il ritorno dei Red Giant, la loro mancanza si sentiva nel panorama stoner odierno. Soprattutto se pensiamo che questo “Devil child blues” è un disco stoner nel senso vero e proprio del termine. Da comprare senza se e senza ma.

Alessandro Zoppo