SCAT – La Vita Regolata Dal Caso

La band Italiana si presenta autoproducendo un lavoro molto curato, a partire dall’artwork ricercato della confezione del CD fino ad arrivare alla cura e all’ottimo gusto degli arrangiamenti. Frutto di un collettivo di artisti indipendenti questo disco risulta essere un alquanto sorprendente esempio di raffinato prog-rock italiano, dove nulla sembra essere lasciato al caso. Ottime prestazioni vocali, perizia tecnica strumentale adeguata al progetto e buoni inserimenti di fiati che danno spessore e brillantezza ai pezzi.Sicuramente un lavoro per palati fini, attenti alle sfumature e pronti a lasciarsi conquistare leggere ma avvolgenti fughe strumentali, come nella bella Asteroide. Di tanto in tanto filtrano tentazioni psych-space, come nella conclusiva Come Alluminio Tra I Denti, altre volte la band guarda più al prog d’oltremanica che al background nazionale, e queste per il sottoscritto non possono che essere note di merito. Lavoro sicuramente riuscito ed interessante che merita la vostra attenzione, almeno quella di coloro che sanno apprezzare raffinatezze di questo tipo.

The Bokal

Il fatto di definirsi una post rock band gioca molto a sfavore dei torinesi Scat. Non per motivi legati alla propria proposta, ma perché in questo modo il gruppo limita in partenza il proprio raggio d’azione. Certo, post rock vuol dire tutto e niente. Tuttavia lo spettro sonoro che si attraversa in “La vita regolata dal caso” fa pensare a tutt’altro.
Gli Scat hanno alle spalle una lunga esperienza, un bagaglio tecnico non indifferente e una serie di uscite (quatto demo in tutto) che culminano nell’auto produzione di questo full lenght. La base per fare bene quindi c’è. Peccato che la carne al fuoco sia davvero troppa e in quasi un’ora di durata ciò che rimane impresso è molto poco. La carta vincente è senza dubbio quella free jazz psichedelica, che fa di “Asteroide (riflessione rabbia ponderazione)”, “90/00” e “Il posto delle cose” tracce isteriche e sperimentali, trainate dal nervosismo delle ritmiche (Adriano al basso e Corrado alla batteria) e dell’accoppiata suadente di sax (Mirko) e piano (Angelo). Da sottolineare è anche il lavoro alle chitarre di Fabrizio, poco presente ma sempre pronto quando è chiamato in causa. È invece da rivedere la forma canzone vera e propria, il songwriting cantautoriale che rende pezzi come “Epica”, “Ro Jai Ju” e “Il se” canzoni ben eseguite ma nulla più. Ed abbiamo anche qualche perplessità sulla voce di Anna: brava tecnicamente, bel timbro, ma a volte fuori luogo in tale contesto. Quando gira al meglio è nell’astrattezza visionaria della ghost track.
Dove gli Scat si esprimono al massimo è dunque altrove. Nell’elaborazione fusion lisergica come detto. Ma anche nei frammenti post rock di derivazione Mogwai e Godspeed You Black Emperor!. Lo dimostra la conclusiva “Come alluminio tra i denti”, lunga elaborazione sonora che sa essere (volutamente o meno) notturna, delicata, soffusa, ruvida, minimale. E questo è un lato da approfondire per poter evolversi e maturare. I mezzi a disposizione ci sono tutti.

Alessandro Zoppo