SERGEANT HAMSTER – Sergeant Hamster

Verrebbe da dire, ascoltando i Sergeant Hamster, che nella calda Sicilia si possa riconoscere l’ideale controparte italica di quella California dove, negli anni ’90, imperversavano Kyuss, Fu Manchu e Slo Burn. Ma sarebbe poco onesto, riduttivo, perché i nostri superano con successo il limite di questa facile analogia. Come? Con una tenacia non comune a tante formazioni stoner contemporanee; con la volontà di ampliare il sound desertico di – ahinoi – ben due decenni fa, e ora recuperato – spesso con troppa opacità – da band di ogni dove; con una ricerca che va a pescare dritto dritto alle origini della psichedelia pesante: l’acid blues dei Blue Cheer, lo space rock degli Hawkwind, il proto-doom dei Black Sabbath, il tutto amalgamato da un piglio adrenalinico non lontano dal punk, ma forte di una perizia strumentale indiscutibile.
E ora facciamo un passo indietro, a ripercorrere le nascita della formazione. Il nucleo originario di Giorgio Trombino (chitarra), David Lucido (batteria), Silvio “Spadino” Punzo (basso) e Simone Trombino (voce), formatosi a Palermo nel 2007, forgia nel corso di un paio di anni un demo e l’EP “Star Messenger”, prima di arenarsi a causa della defezione del batterista. Tuttavia, avendo già scritto sufficiente materiale da poter incidere un full-length, dopo alcuni anni di stasi, i rimanenti decidono di scrollarsi il torpore di dosso, reclutando Claudio Mangiapane e procedendo così alla registrazione dell’album omonimo per Tone Deaf Records.
Dall’arrembaggio chitarristico dell’opener “Space Duke”, solcando le acque limacciose della doomeggiante “Supergiant”, sino ad approdare tra rombi di tuono alla conclusiva “Far and Gone”, “Sergeant Hamster” dischiude il potenziale di una band che sa quello che vuole, capace di inglobare nel proprio songwriting elementi che vanno dallo space rock al grunge, riuniti sotto l’insigna dello stoner di impostazione anni ’70. Fra il riffing fuzzoso e blueseggiante, trovano spazio anche gli attacchi serrati di “Up in Smoke” e “Rebel Sleep”, nonché l’interlocutoria strumentale dalle tinte fantascientifiche “Subversive Intermission”, ispirata ai panorami spaziali musicati da Joe Meek.
I Sergeant Hamster si ritagliano quindi un posto di assoluto rilievo nella scena underground della Penisola, che ha sempre meno da invidiare alle realtà centro e nord-europee: non resta che consigliare l’ascolto a tutti gli amanti dell’heavy psych e augurare ai nostri un florido proseguimento di carriera.

Davide Trovò