SLEEPY SUN – Fever

Gli Sleepy Sun sono sei ragazzi provenienti da San Francisco che si sono fatti conoscere nel 2009 con l’ottimo “Embrace” e grazie ai buoni risultati raggiunti, si sono guadagnati una collaborazione nell’ultimo disco degli Unkle ed hanno avuto in seguito l’opportunità di aprire concerti ad Arctic Monkeys e Mudhoney. Ma questo importa poco. Quello che conta realmente sottolineare è la straordinaria capacità del sestetto di riproporre quella magia degli anni Sessanta (e primi Settanta) in maniera estasiata, vorticosa, sorprendente.Si badi bene: riproporre non vuol dire copiare. Il gruppo riesce a scrivere canzoni intense e celestiali, ma sa passare da improvvise sterzate sonore condite da chitarre distorte a suoni soul acidi immersi in tenui allucinazioni oniriche. È il trionfo della psichedelia, quella di gruppi storici quali Jefferson Airplane, Quicksilver, Grateful Dead, Jimi Hendrix, Led Zeppelin e Velvet Underground. Da brivido l’intreccio di voci del cantante Bret Constantino e di Rachel Williams che ricordano un’altra band di spessore, i Black Mountain.
Brani come “Open Eyes” e “Desert God” ci tuffano in un misticismo degno della summer of love degli hippie, mentre non mancano magiche atmosfere e sonorità acustiche dominanti (“Ringamaroo”, “Ooh Boy”). Il meglio arriva dai sei minuti di “Marina” dove le linee di chitarra attraversano melodie di sognanti paesaggi bucolici e dai quasi nove di “Sandstorm Woman” – il brano migliore – che parte in maniera assorta, quasi un jazz blues da locale notturno, per poi esplodere fino al vertiginoso crescendo finale con il timbro della voce di Rachel che nel contesto si sposa a meraviglia.
Avvolgente, affascinante, mistico, romantico, idealista, questo è “Fever”, un lavoro che va gustato lentamente e che ci proietta in un mondo che sembrava lontano anni luce. Se spinge alla commozione, ci credete?

Cristiano Roversi