SNOWBLOOD – Being and becoming

Verde e nero sono due colori il cui intreccio crea spesso una sensazione di cupo disagio, tuttavia paradossalmente piacevole. Sfogliando il booklet di “Being and becoming”, nuova fatica degli scozzesi Snowblood (dopo l’esordio del 2004 “The human tragedy”), questa inquietudine aumenta. E non solo per l’uso dei colori e delle sfumature, ma per una serie di foto e testi che esprimono disagio, allontanamento spontaneo dalla vita, voluta esclusione da una realtà troppo soffocante.La musica di David (chitarra), Luke (voce), Ewan (batteria) e Graham (basso) non poteva che rispecchiare questo immaginario. Seguendo le solite, stantie classificazioni, gli Snowblood andrebbero posizionati in quel calderone post-indie-qualcosa che non significa proprio nulla. Qui ci sono solo tanta ispirazione, calore e sentimenti che grondano dall’animo di quattro ragazzi annoiati/disadattati/perdenti. La cui poetica prende forma in visioni tanto sublimi da ammaliare fin dai primi ascolti, nonostante la complessità di base del prodotto (oltre un’ora di durata per brani della lunghezza media di 7/8 minuti). Gli intrecci di “Disappearance” e “Young” compongono una psichedelia ammaliante e dai tratti doomy, acida e riflessiva, ricca di passaggi suadenti e sfumature ipnotiche, nello stile lanciato da Isis e Pelican. “Aubade” e “Call off the search” partono invece come brani post rock, di ispirazione Mogwai, per poi tramutarsi in sfuriate psycho sludge che sembrano unire le visioni apocalittiche dei Neurosis al disagio metropolitano dei mai troppo compianti Iron Monkey (che vengono chiaramente chiamati in causa anche nella debordante “The year of the bastard”).
La bellissima “Out of harm’s way” è l’ennesimo tassello vincente di un lavoro che non smette mai di sorprendere: si tratta infatti di un brano che media una splendida melodia languida di estrazione Tool con una coda acid rock che vira verso lo stoner. “Black stars over Glasgow” (e il segmento conclusivo “Appearance”) sigilla “Being and becoming” con quasi venti minuti di pura astrazione sonora, durante i quali si susseguono sussurri, feedback e ronzii drone, aperture lisergiche, folgoranti melodie e minacciosi rallentamenti. Un campionario di sensazioni tattili e timori primordiali.

The search goes on
Into the shadows
There is no guide
Only the dark

Alessandro Zoppo