SUPERJOINT RITUAL – Use once and destroy

È il caso di dire ‘scusate il ritardo’. Recuperiamo in questa occasione l’esordio dell’ennesimo progetto (Down, Isolation Years) che Phil Anselmo ha licenziato nella scorsa stagione.La voce dei Pantera ha riunito attorno a sé altri pezzi da novanta come Jimmy Bower ( Down, Corrosion of Conformity, Eyehategod, Crowbar) e Hank Williams III, nipote della leggenda country americana Hank Williams, con l’obiettivo di suonare hardcore violento e deragliante, tenendo in debito conto il patrimonio delle rispettive band.

Non cercano l’armonia i nostri ma piuttosto il contrasto feroce tra tempi che cambiano con grande istintività, riff che crunchiano di brutto e inattese aperture dissonanti (4 Songs). L’effetto creato è di instabilità e vertigine ma anche di dinamica, necessaria per ravvivare un disco di sedici tracce.

Prendete ad esempio Ozena e The Introvert, due tra i brani più rappresentativi: un vulcano che respira a fasi alterne, che alterna accelerazioni deraglianti a marce decelerazioni sabbattiane e heavy groove di classico stampo thrash. Nell’impostare le vocals Anselmo estende il suo orizzonte alternando in maniera irrazionale grida ferine e suoni gutturali, sussurri e parlato.

In Fuck Your Enemy e Drug Your Love la rabbia cieca si mischia addirittura al rock’n roll. Infine è nella title track che si tirano le somme con un perfetto distillato di blues lento e alcolico cantato in stato di scuoiamento.

Anche stavolta il burbero Phil ne esce con gran classe concependo un disco che è molto più di un divertessement perché ha identità e coerenza proprie. Come dicevamo all’inizio, l’affiliazione con le band madri, e i Pantera in primis, si sente ma ci piace pensare ai Superjoint Ritual come ad un progetto che estremizza quel linguaggio rendendolo ancora più putrido e inquietante. Proprio come le paludi della Louisiana.

Francesco Imperato