TIGERBEAT – No.1

Il nuovo trend del rock’n’roll portato al successo da White Stripes e Yeah Yeah Yeahs sembra espandersi a macchia d’olio, ecco così provenire dalla Germania una new sensation in questo affollato panorama a nome Tigerbeat. In verità con il loro “No.1” siamo ben lontani da quanto proposto dalle band suddette: il sound del gruppo si estende verso orizzonti personali e mai derivativi, inglobando influenze disparate rielaborate con cura e grande intelligenza.
I ragazzi stessi lo definiscono “sex rock”, a scanso di equivoci dobbiamo dire che si tratta di un garage rock’n’roll frizzante e genuino sapientemente miscelato ad influssi soul, rhythm’n’blues ed elettronici. Da questo maelstrom pazzo e scanzonato ne vengono fuori undici tracce ruspanti e spensierate, che mai annoiano né stancano, anzi, la brevità delle composizioni e la freschezza del songwriting convincono in pieno circa la bravura di questi simpatici tipi. Gioca a favore di tale eclettismo l’utilizzo di una strumentazione rigorosamente vintage, fatti oltre che di una solida base rock (International Frehn voce e chitarra, The Rev.D chitarra e basso , Angry S.E. batteria) anche di un armamentario composto da fender rhodes, roland sh2000 e sintetizzatori vari, ai quali si cimentano lo stesso Rev, la bella Kitty e Kat D.D. Rock, senza dimenticare l’apporto di Hannibal ancora alle chitarre.

Un line up allargata, dunque, ideale per conferire carica e stravaganza a pezzi dal gran tiro, sintetici nell’esecuzione quanto brillanti e fracassoni. E’ davvero difficile resistere all’impeto sprigionato da song come l’iniziale “Get down children” e la successiva “Troubled man”, pezzo che per la sua dinamicità garage può tranquillamente essere eletto come hit dell’estate. La fusione di queste sonorità calde e pastose con un certo gusto electropop smaccatamente anni ’80 avviene in piccole schegge come “Ain’t diggin your scene”, “Good lovin'” e “Tongue kung fu”, episodi che dimostrano appeal, feeling notturno e sorprendenti intuizioni melodiche. Momenti come “Plastic” e “Gimmie a break” sprigionano invece un’attitudine rock’n’roll dura e pura, fatta di riff travolgenti uniti a tastiere calde, ritmiche avvolgenti e vocals ammalianti, mentre “Sweet love” e “Mailmaster” si tingono di tentazioni soul e r’n’b, dipinte su arrangiamenti dalla grazia che suadente è dir poco…

“No.1” è un susseguirsi di emozioni e vibrazioni che lasciano senza scampo, non a caso il finale è affidato al soul blues stravolto di “Same ol’thang”, dove chitarre acustiche e una sensibilità pop si incontrano per formare un incrocio perfetto ed altamente personale. Altro che The Strokes, i Tigerbeat non scherzano affatto: se cercate qualcosa che soddisfi la vostra vena godereccia fanno proprio al caso vostro…

Alessandro Zoppo