VOLT – Rörhät

Gente strana i Volt. Già il fatto che escano su Exile On Mainstream in contemporanea con Beehoover e Ostinato è emblematico. Se si aggiunge che provengono da Chemnitz, città tedesca con il tasso di natalità più basso del mondo, si comprende come ci sia qualcosa di particolare nella loro proposta. Una urgenza sonora che si fa pressante, che esprime disagio e lo fa con un sound tagliente, ossessivo, lasciando pochissimo spazio ai compromessi. Come voler azzerare la componente umana da uno scenario post industriale, radere tutto al suolo e ripartire da zero.Questa sorta di apocalisse prende il nome di “Rörhät” e si esprime nei nove brani che compongono il disco. Una mezz’ora di assalto continuo, tra noise, avanguardia e hardcore, con un tocco non sense e iper reale che lascia attoniti e di stucco. C’è di che godere per chi ama le sonorità dei vari Melvins, Unsane, Jesus Lizard, Helmet. Pezzi come “Kreuz” e “Dr. Crow Medua” sono bordate psycho noise devastanti, “Zwiggilusion”gioca a destrutturare la psichedelia, i rallentamenti di “Hospital in Wales” arrivano addirittura sulle infernali sponde del doom.
In “Griffel” e “Praecrow” inserti elettronici rendono l’atmosfera ancora più malsana, mentre nel turbine violentissimo di “Frommbug” e “Stativ” si insinuano sottili melodie che sorprendono per vitalità e arguzia. La lunga, folle “Volt” è una lenta marcia di avvicinamento per l’annichilimento totale e conclusivo. Posta in chiusura come sigillo di garanzia, amplifica ulteriormente il senso di rabbia e frustrazione che un disco come “Rörhät” trasmette.

Alessandro Zoppo