WE – Dinosauric futurobic
Oslo, Norvegia. Una strana entità psichedelica prende vita sul pianeta terra. Dal 1994, anno di uscita dell’esordio “In a field of moose”, droga le nostre menti con musica geniale, psicotropa, allucinata. Questa presenza ha preso il nome di We e rappresenta uno dei migliori esempi di ciò che dovrebbe essere l’acid rock nei nostri giorni.
Ormai conosciuti da pubblico e critica, i We continuano il loro percorso artistico dopo svariati dischi e singoli con “Dinosauric futurobic”, album che conferma la genialità compositiva di questi quattro ragazzi sempre alla ricerca di nuovi sbocchi per la propria musica. I quasi sessanta minuti in cui si sviluppa il lavoro spaziano tra stridenti sonorità stoner, rigurgiti space rock mutuati da Hawkwind e Monster Magnet, floreali melodie beatlesiane e bizzarre stravaganze che vanno dal funky (prova ne è l’intrigante “Antidote”) alla psichedelia classica di Quicksilver e Pink Floyd.
Basta l’ascolto dell’iniziale “Galactic racetrack” per essere gettati nel bel mezzo del cosmo: chitarre liquide, vocals dilatate e percussioni intergalattiche tracciano la rotta per nuovi percorsi spaziotemporali. “Carefree” e “Jinxed” rimandano direttamente all’hard rock degli anni ’70, Blue Oyster Cult in primis, con l’aggiunta di favolose melodie costruite dalla voce di Thomas, mentre “Dinosauric futurobic” mutua il boogie dei Rolling Stones e lo trasforma in una soave danza spaziale. Momenti di pura psichedelia vertiginosa ci vengono invece regalati da “Organic room” e “From the spaceways”, cibo per menti distorte in cerca di vie di fuga dall’opprimente realtà quotidiana. E’ però “Cosmic bound” il vero capolavoro del disco: su un tappeto di ritmiche stranianti cresce una melodia che nel refrain esplode vigorosa come una supernova nell’universo, fino a ricomporsi per un finale tortuoso e devastante.
A dimostrazione delle grandi abilità in fase di songwriting, completano il disco altre chicche come il punk deviato e contorto di “Toothgottago”, le alchimie ricche di groove di “(Still got the)Hats off” e il tributo sabbathiano al rock’n’roll di “1971”.
Album del genere al giorno d’oggi ne escono pochi. I We si confermano come una delle migliori realtà in campo heavy psichedelico. Allora accogliamo con un sorriso sulle labbra questi cosmic biker rocker from hell…
Alessandro Zoppo