WIDE HIPS 69 – Life Fat Die Drunk

Live fat die drunk. Vivi veloce e muori grasso. Dopotutto grasso è sempre bello. Non rinunciare a niente, soprattutto a quello che ti piace di più. Anche se fa male. Così è “Live Fat Die Drunk”, esordio delle Wide Hips 69, gruppo abruzzese per tre quarti allargato al gentil sesso, che proprio su questi presupposti confeziona un album che scorre liscio giù nel gargarozzo, si deposita con adipe nello stomaco e fluttua come siero nelle vene. E anche se per più della metà è composto di cover, non badateci: la genuinità della band risiede altrove, nel mood e nella personalità che mette nella propria espressione artistica. Non siamo lontani da Nuggets, Pebbles e Back from the Grave per chi non avesse ancora capito. Ma neanche siamo troppo vicini a Bikini Kill, Detroit Cobras e Le tigre. Insomma il connubio di garage, freakbeat, estetica cavemen (o cavewomen?) e rabbia post punk è servito al punto giusto e alla giusta temperatura.Diamo uno sguardo ai pezzi originali: “Bipolar Disorder”, opener su tre accordi grattugia cervello; “Stupid Bitch”, un jingle jangle divertito e divertente con un appeal bubble pop; “Peackock Flight”, cavalcata percussiva con voce soul; “Under the Train”, qualcosa che le Donnas non sono riuscite mai a fare; “Live Fat Die Drunk”, il manifesto: meno di due minuti all’insegna delle mazzate sui denti; “You’re Not Mine”, non proprio una dichiarazione d’amore. Il resto è un breviario di tutto quello che è stato il rock negli ultimi 50 anni con Who (“Out in the Street”), The Seeds (“Pushin Too Hard”), The Pleasure Seekers (“What a Way to Die”) e non manca una sensibilità bollente e soul come nella splendida “Flee Flee Fla” di Ike and Tina Turner, tutto interpretato con gusto e classe depravata.
Provate per credere, come si diceva qualche tempo fa. E se non basta andate a vederle dal vivo: una bomba. Vero rock and roll party come non se ne vedeva da tempo. In alto i bicchieri e il panino con la porchetta per le Wide Hips 69!

Eugenio Di Giacomantonio