WO FAT – The Black Code

Riprendono da dove ci avevano lasciato! Forti di una carriera ormai decennale, i Wo Fat si confermano un autentico marchio di qualità. Abbandonata la Nasoni Records, si ripresenteranno nel 2012 con l’ultimo “The Black Code” targato Small Stone. Le influenze sono quelle che hanno contribuito a formare il loro sound, in questo caso particolarmente migliorato. Come rilasciato dallo stesso Michael Walter in un’intervista al blog PlanetFuzz: «Le viscere dei Wo Fat sono radicate nella vena più oscura ed ipnotica del blues (J.L. Hooker, R.L. Burnside, “Mississippi” Fred MacDowll etc.), influenzata dall’hard rock anni 60 e 70 (Jimi Hendrix, ZZ Top, Black Sabbath, Cactus etc.) e dalle sonorità più moderne di band come Sleep, Fu Manchu e Church of Misery».”The Black Code” è composto da cinque tracce, che per tre quinti superano i dieci minuti di lunghezza, evidenziando probabilmente un’ulteriore evoluzione compositiva. “Lost Highway”, come recitava un vecchio film di David Lynch, sfodera da subito riff potenti e compressi dalle sonorità particolarmente southern. Segue la title track, che sviluppa dieci minuti di mutazioni musicali riassumibili in due filoni, due umori abbastanza chiari. “Hurt at Gone”, in puro stile Wo Fat, funge da anello di congiunzione con “The Shard of Leng”, autentico viaggio musicale eletto all’unanimità miglior pezzo dell’album. La sensazione generata dai fluidificanti dodici minuti di quest’ultima, è che la musica scaturisca da un’idea concepita di getto, senza nulla di preordinato in pieno spirito jam session. “Sleep of the Black Lotus” si accoda. Il percorso diviene lentamente meno convulso, più ripetitivo, imbrigliando il sound verso la chiusura dell’album.
Allineandosi con la propria storia, Kent e compagni continuano ad accrescere la loro fama, innovando poco, ma suonando e reinterpretando il loro sound in maniera eccezionale. Un groove solido, tecnica e improvvisazione sono gli ingredienti del trio di Dallas. Wo Fat: una certezza!

Enrico Caselli