Blue Cheer
Ciò che definiamo hard nel genere rock nacque nel 1968 per opera di un trio di bostoniani trasferitisi a San Francisco: i Blue Cheer. È il 1967 quando, a San Francisco, in piena epoca hippie, tra figli dei fiori ed esperimenti lisergici di gruppo – Dickie Peterson, Paul Whaley e Leigh Stephens – in controtendenza con la filosofia peace & love di allora, per la loro attitudine ribelle, rissosa e per le loro amicizie tra gli Hell’s Angels, danno vita a una band destinata a modificare sostanzialmente le sorti del rock. E Vincebus Eruptum, album d’esordio del 1968, diventa il manifesto di una nuova era musicale che, nel tempo, indicherà il trio californiano come i pionieri della scena hard & heavy.

I Blue Cheer nel 1968
Nessuno fino ad allora aveva usato un suono così saturo, potente e selvaggio, fatto di distorsioni irruenti, lanciate ad un volume assordante, accompagnate da un cantato aggressivo e da un drumming furioso. Nell’album ritroviamo splendidi brani come il singolo da esso estratto, la celeberrima Summertime Blues, cover del ’58 di Eddie Cochran, letteralmente stravolta come anche la cover di Parchment Farm, rifatta nello stesso periodo anche dai Cactus.
La sensuale Rock Me Baby, tinta di blues marcio e fumoso ed ancora, la acida Second Time Around, dalla quale i Mudhoney ripresero esattamente l’assolo di chitarra nella loro In ‘n’ Out of Grace. Tra l’altro, per il gruppo di Mark Arm, i Blue Cheer sono stati tra i massimi ispiratori, tant’è che nel loro esordio omonimo del 1989, ripresero pari pari la strumentale Magnolia Caboose Babyfinger del secondo album Outside Inside, ribattezzandola Magnolia Caboose Babyshit.
Con Outside Inside, sempre del 1968, il suono dei tre californiani si fa meno grezzo, più elaborato, ma senza, per questo, perdere di potenza e groove. Si narra che il titolo dell’album fu preso dal fatto che durante le registrazioni la potenza sprigionata dal trio fece saltare l’impianto dello studio, costringendoli a registrare un’intera facciata all’aperto e che per completare le session di registrazione, venne chiamato in aiuto il tastierista Ralph “Burns” Kellogg (ex Mint Tatoo), che poi entrerà nella band in pianta stabile.
Un album di eccellente hard blues, bellissimo, in cui si sente maggiormente l’influenza di un’altra grande band dell’epoca, i Cream, e del loro idolo Hendrix e in cui è presente anche una spettacolare cover di [I Can’t Get No] Satisfaction.
È il 1969 quando il chitarrista Leigh Stephens, forse troppo disinteressato ad una vita rock legata all’uso di droghe pesanti e ai party a base di esse, viene allontanato dalla band. Il suo posto è preso dall’ex Sons of Adam e Other Half, il grande Randy Holden, che suona nei tre brani che andranno a formare quella che sarà la seconda facciata di New! Improved!, il terzo album. Ma la collaborazione con Holden dura ben poco e le altre sei tracce, della prima facciata, saranno completate da Bruce Stephens (ex Mint Tatoo).
Quest’album rappresenta lo spartiacque della produzione dei Blue Cheer. Infatti, dopo l’abbandono di Bruce Stephens (che andrà nei Pilot di Leigh Stephens), anche il batterista Paul Whaley decide di andarsene. E con l’album seguente, Blue Cheer, che vede alla batteria Norman Mayell (ex Sopwith Camel) e alla chitarra Gary Lee Yoder (Oxford Circe/Kak), inizia la parabola discendente dei Blue Cheer.
Il suono non è più quello che li aveva caratterizzati così tanto sin dagli esordi, manca di potenza, di vitalità e, più che di un cambiamento, si può parlare tranquillamente di involuzione musicale. Ad esso seguono Original Human Being e Oh! Pleasant Hope che, purtroppo, decretano la fine dei Blue Cheer che nel 1971 decidono di sciogliersi. Gli anni a venire, gli anni dell’hard rock, vedranno i frutti di ciò che i Blue Cheer avevano seminato, con la proliferazione e la grande fama conquistatasi, di band come Led Zeppelin, Cactus, Josefus, Captain Beyond, Black Sabbath e Deep Purple, per citarne alcune.
Ma ecco che nel 1985, Dickie Peterson e Paul Whaley, insieme al chitarrista Tony Rainier, ricompaiono per una manciata di concerti e la registrazione dell’album The Beast Is Back, che contiene anche vecchie hits. Del 1989 è il live Blitzkrieg Over Nüremberg, registrato insieme al chitarrista Andrew “Duck” McDonald (ex Bible Black, Shakin’ Street, Thrasher) e al batterista Dave Salce, durante un tour europeo nel 1988.
Nel 1990 i nostri californiani registrano Highlights and Lowlives sotto l’egida del produttore e guru grunge dell’epoca, il chitarrista degli Skin Yard Jack Endino. Ed è proprio in quegli anni che la formula dei Blue Cheer vedrà il suo ritorno più splendente, con l’esplosione del suono di Seattle e la nascita dello stoner rock, attraverso quelle band che affondano le proprie radici nella musica acida, selvaggia, audace, piena di disagio e di rabbia giovanile con la quale, più di vent’anni prima, tre ragazzini di San Francisco si erano uniti per la voglia di vedere fin dove sarebbero riusciti ad arrivare e, per dirla con le parole di Leigh Stephens: “Osare e andare oltre per fare musica più potente che potesse colpire direttamente allo stomaco” .
Parte della biografia è tratta dal n.2 di Funhouse Magazine (2001).
Annarella