ABYSMAL GRIEF

Intervista agli Abysmal Grief, una delle doom band più interessanti del panorama italiano.
Potreste tracciare la storia degli Abysmal Grief ai lettori del sito?
R.G.) Gli Abysmal Grief sono nati nel 1996 come un progetto di musica esoterica con lo scopo di sviluppare e approfondire i miei studi occulti incentrati sui rapporti con l’Aldilà. Da allora, insieme al cantante/tastierista Labes C. Necrothytus e al bassista Lord Alastair, abbiamo inciso una demo ufficiale (“Funereal”) nel 1998, i singoli “Exsequia Occulta”, “Hearse” e “Creatures From the Grave”, il mini-Lp “Mors Eleison”(pubblicato lo scorso giugno) e un album omonimo che sta per uscire su Black Widow Rec.

Parliamo subito dell’ultimo “Mors Eleison”. Che ne dite di fare una descrizione track by track del lavoro (a livello musicale e lirico)?
R.G.) “Mors Eleison” è una canzone sulla venuta della Morte, così come la immagino io: musicalmente è un classico pezzo degli Abysmal Grief, essenzialmente basato sul riff di chitarra ma con una minore presenza dell’organo da chiesa rispetto alle nostre precedenti composizioni. Molto simile a questa è sicuramente il secondo pezzo “Occultism”, una cover di Paul Chain in cui ho scritto io il testo cercando di dare una spiegazione più o meno esaustiva di quello che è per noi l’Occultismo. La terza song “The Shroud” è invece un pezzo di synth e tastiere interamente composto e suonato da me nel 1999, e che non avevamo ancora deciso di pubblicare poiché aspettavamo di inserirlo in un contesto che fosse veramente adeguato. L’ultimo pezzo “Mysterium Umbrarum” è una sorta di “rito di iniziazione” Spiritista in cui esponiamo alcuni dei principi base della dottrina Spiritista secondo Allan Kardec.

Da quali emozioni/sensazioni scaturisce un brano nero come “Mysterium Umbrarum”?
R.G.) L’idea di base è quella di presentare una specie di “manifesto” dello spiritismo, in cui vengono enunciate le linee guida per la comprensione della Dottrina. Il tutto è presentato in un contesto ritualistico, per il quale ci siamo avvalsi dell’aiuto di alcuni artisti a noi vicini, tra i quali Tony Tears. Il risultato finale credo sia piuttosto soddisfacente, anche se ovviamente il tema in oggetto è talmente vasto da non poter essere certo racchiuso in un’unica composizione.

Dai vostri dischi e dagli artwork appare evidente una sincera ossessione verso tutto ciò che riguarda e circonda la Morte. A cosa è dovuto un legame così forte?
R.G.) Da sempre ho provato un sincero interesse verso la Morte e l’arte funebre in generale, e questo mi ha inevitabilmente portato a indirizzare le mie letture prima e i miei studi poi verso la conoscenza di tutti gli aspetti antropologici che la riguardano e la paura ad essa correlata nella storia dell’uomo, per poi sfociare di conseguenza in un approfondimento di tipo esoterico. L’esperienza musicale degli Abysmal Grief altro non è che il sunto di quelle che sono le mie convinzioni e il mio personale percorso verso di essa.

ABYSMAL GRIEF (tristezza abissale); cosa vi portò all’epoca a scegliere questo monicker?
R.G.) Con questo nome volevo semplicemente esprimere il senso di quello che sarebbe stato il nostro percorso musicale e filosofico. Il lutto come presa di conoscenza del significato della nostra esistenza terrena.

Da sempre alternate brani lenti a canzoni più dinamiche; la caratteristica comune resta la componente ‘orrorifica’ e cimiteriale. È questa la base degli Abysmal Grief?
L.N.) La caratteristica di base della nostra musica è, come hai correttamente osservato, la componente horror ed esoterica, fulcro del nostro progetto. In relazione alle differenze che puoi trovare, sia ritmiche che armoniche nei nostri pezzi, posso solo dirti che sono assolutamente casuali poiché sono soprattutto dovute alle varie influenze musicali o, in senso più completo, artistiche che ognuno di noi ha. Dal punto di vista musicale per esempio mentre io preferisco ascoltare dark più ritmato e ‘ballabile’, Regen ama il dark sound italiano o il doom degli albori e Lord Alastair invece preferisce ascoltare stoner, perciò la nostra musica non può che essere un mix di questi vari generi musicali.

Ritengo fondamentale l’apporto delle tastiere nel vostro sound. È possibile immaginare in futuro un disco basato esclusivamente su di esse?
L.N.) Decisamente le tastiere sono un elemento portante della nostra musica e le atmosfere che queste vengono a creare si adattano ed allo stesso tempo completano l’idea che vogliamo rendere attraverso i nostri pezzi. Riguardo ad un disco di sole tastiere è un progetto che abbiamo in cantiere e che in un futuro non tanto lontano attueremo. In effetti anche io sto progettando di stampare diverso materiale che ho accumulato negli anni ma in questo caso devo fare un lungo lavoro di ricostruzione e sicuramente ora le priorità sono altre…

Cosa fate nella vita di tutti i giorni? Avete interessi comuni oltre alla musica?
L.N.) Ahimè, come tanti musicisti, non siamo nel gotha dei privilegiati che possono permettersi di suonare senza fare altro, perciò ognuno di noi ha un lavoro che obbligatoriamente svolge ogni giorno. Essendo amici prima che membri dello stesso gruppo abbiamo diversi interessi comuni e che siano cinematografia, musica, letteratura, droghe o quant’altro proviamo molto piacere nel coltivarli insieme.

Cosa, quanto rappresenta per voi la musica? Riuscite ad immaginare la vostra vita senza di essa?
L.N.) Una vita senza musica è come un frutto senza semi o un fuoco che non arde. Non riuscirei mai a pensare di vivere senza poter suonare. Non a caso uno dei miei incubi ricorrenti è l’amputazione di entrambe le mani.

Victor Hugo disse “La malinconia è la felicità di sentirsi tristi”. Condividete questa frase?
R.G.) Non saprei dirti, poiché noi non ci sentiamo per nulla malinconici, nel senso che non proviamo alcuna “gioia” e nessun senso di autocommiserazione nell’affrontare il nostro mal di vivere quotidiano. L’idea di crogiolarsi nel proprio dolore non fa parte del nostro carattere, e credo anzi che la nostra personale reazione di fronte a tutto ciò che viviamo sia invece decisamente violenta. Ti assicuro che se avessimo dei motivi per gioire non esiteremmo a farlo, non si vive bene pensando continuamente alla Fine.

Come vedete la scena doom odierna rispetto a quella dei primi anni ’90? Voglio dire, i gruppi sono aumentati a dismisura, ma credete sia aumentata al tempo stesso anche la qualità?
R.G.) A mio avviso ci sono oggi degli ottimi gruppi che suonano doom, soprattutto in Italia, ma non sempre vengono considerati al livello di quelli esteri. Ma il discorso è fin troppo vecchio, e riguarda tutto il metal. A me sta bene che il doom non sia mai diventato una moda come fu il black per un certo periodo, poiché lontano dai riflettori le cose appaiono per la loro reale essenza, e rimangono in piedi solo i gruppi di una certa qualità.

A breve dovrebbe essere finalmente pubblicato l’omonimo debut album. Potete darci qualche anticipazione? Quali saranno le sue principali caratteristiche (musicali e liriche)? In cosa si differenzierà da “Mors Eleison” e dalle passate produzioni?
L.N.) Il nuovo album sarà in perfetto stile Abysmal Grief: chitarre molto pesanti, riff ossessivi e tastiere sinistre atte a creare la consueta sensazione di disagio che permea coloro che ascoltano i nostri brani. Ci sarà la solita differenza ritmica tra i vari pezzi, ed un abbandono, perlomeno temporaneo, del cantato growl. Inoltre abbiamo avuto l’onore di poter incidere un recitato in latino sul brano “The Necromass” con Mario “The Black” Di Donato, di cui sono personalmente un fan da anni.

Il 2006 è ormai passato. Quali sono i dischi che vi hanno più colpito in questo anno appena trascorso?
R.G.) Non sono molto aggiornato circa le ultime uscite, dato che tendo a indirizzare i miei ascolti verso gruppi un po’ più datati. Devo dire che ho apprezzato molto la ristampa di “Land of Mistery” dei Black Hole, che fino a questo momento avevo ascoltato solo su una vecchissima cassetta duplicata anni fa da qualche amico…
Mi è piaciuto poi il nuovo progetto di Paolo Catena che, seppur lontano da quello che eravamo abituati ad ascoltare da lui, è comunque un lavoro interessante.

A voi le ultime parole. Grazie per la disponibilità.
L.N.) Innanzi tutto voglio ringraziarti per la bella intervista e colgo l’occasione per lanciare un messaggio a tutti i vostri lettori: non temete né rifuggite dal vostro lato oscuro bensì coltivatelo ed avrete la possibilità di sfruttare ed apprezzare lati e diverse sfaccettature della vostra personalità che possono donarvi grandi soddisfazioni, soprattutto morali. In Morte.

Marco Cavallini