Altin Gün: 17 novembre 2022 – Largo Venue, Roma

Il concerto degli Altin Gün al Largo Venue di Roma è un buon momento per fare il punto dal vivo sullo stato di salute di quella scena indie psych world che ruota attorno a festival ed etichette cardine (come Le Guess Who? e Dekmantel, Glitterbeat e Real World) e va dai Goat ai Khruangbin passando per Flamingods, Mauskovic Dance Band e Bab L’Bluz. Proprio come queste band, la formazione olandese è frutto dell’incontro tra due mondi: l’universo folk tradizionale turco riletto in chiave rock psichedelica e il giro clubbing disco electro pop.

Non è infatti una sorpresa scoprire che gli Altin Gün siano a tutti gli effetti un gruppo dei Paesi Bassi. La cantante Merve Dasdemir e il polistrumentista Erdinç Ecevit si sono incontrati ad Amsterdam con il bassista Jasper Verhulst e hanno dato vita ad un collettivo allargato con il chitarrista Ben Rider, il batterista Daniel Smienk ed il percussionista Gino Groeneveld. La missione del gruppo sul palco è palese: far ballare e divertire il pubblico.

Gli Altin Gün accompagnano gli spettatori in un viaggio nella variegata cultura musicale del Bosforo in un intreccio di mille sonorità dal più ampio respiro mediterraneo. Prendete il piglio folk psych di autentici pionieri dell’Anatolian rock come Erkin Koray, Barış Manço, Alpay e Edip Akbayram, applicatelo a suoni e visioni disco funk a cavallo tra fine Settanta e Ottanta e avrete quell’odore dolce e speziato insieme ben rappresentato nei loro quattro album, il folgorante esordio On del 2018, Gece del 2019 (candidato ai Grammy), Âlem e Yol del 2021.

È dal vivo che gli Altin Gün acquistano il loro senso ultimo e incendiano il dancefloor. Poche parole, tanta musica. Il live regge rispetto alle atmosfere dei dischi: i sei sono capaci di cambiare spesso registro, passando da autentiche hit quali Yüce Dağ Başında, Vay Dünya, Maçka Yolları, Cips Kola Kilit e Süpürgesi Yoncadan con le quali abbandonare il corpo alle gioie ritmiche della dance music, ad avventurose escursioni psichedeliche – senza alcun gigioneggiamento – quando partono Su Sızıyor e i riff super hard di Leylim Ley e Leyla.

I tempi compressi giovano poco alla band perché le fasi psych avrebbero meritato una maggiore dilatazione ma il risultato d’insieme è davvero efficace: con gli Altin Gün si balla, si suda e ci si diverte come ad una grande festa, specie quando il saz elettrico di Ecevit spinge fino al massimo come dimostra in Kolbastı. A pompare è soprattutto il basso, e non è certo un caso se a creare il progetto sia stato Verhulst. Persino i due brani oscuri e carpenteriani del repertorio, Ordunun Dereleri e Badi Sabah Olmadan, acquistano più luci che ombre quando vengono eseguiti dal vivo.

Inevitabile lo spazio in scaletta per gli instant cult dell’album di debutto – Cicekler Ekiliyor, Goca Dünya e una strepitosa versione di Kirsehirin Gulleri, cover di un classico di Neşet Ertaş – e finale iper lisergico che non dovrebbe finire mai. Insomma, gli Altin Gün si muovono con agilità e precisione tra la rievocazione delle Turkish delights del folk rock anatolico, la ricerca continua di una tensione danzereccia che istiga a muovere instancabilmente le chiappe e ammalianti momenti cosmico psichedelici, come a voler cercare un punto di incontro fra musica orientale e occidentale, passato e presente, hit arabesque e bağlama groove. Davvero un bel viaggio. Parecchi gli stranieri presenti a questa data di mezzo del tour italiano: molti turchi giustamente esaltati e tanti giovani studenti in giro per la città per l’Erasmus, accontentati dal DJ set conclusivo.

Alessandro Zoppo