MAMMOTH MAMMOTH + THE QUILL
Berlino – Bi Nuu

In verità questo intervento è un fuori programma. Pochissimi giorni fa si è concluso il tour europeo di Mammoth Mammoth (formazione di Melbourne) e The Quill (dalla Svezia con ardore) che ha toccato Inghilterra, Olanda, Belgio, Svizzera a Germania. Ho avuto l’occasione di assistere alla loro performance venerdì 22 novembre, al Bi Nuu di Berlino e l’ho adorata.Non sono andata a sentire Mammoth Mammoth e The Quill per lavoro, mi trovavo al club di Schlesisches Tor per puro piacere, per rivedere qualcuno che non vedevo da un po’ e per farmi un cazzo di venerdì sera come si deve. Il destino ha però voluto che la folgorante performance di entrambi i gruppi e la simpatia gigiona degli stessi mi abbiano fatto cambiare idea durante l’evolversi della serata.
Alle sette e mezza il locale era ancora mezzo vuoto, l’atmosfera rilassata. Tra una chiacchiera e più di una birra mi ritrovo sotto il palco – è ormai passata un’ora – quando l’intro di guerre stellari introduce l’entrata sul ring della band svedese The Quill. Genuini e irruenti questi giovanotti offrono momenti di rock’n’roll energico e di grande professionalità. La voce di Magnus è impressionante, ben supportata dalla settantasantissima chitarra e da una sezione ritmica precisa sebbene non eccessivamente cruda. Il pubblico è ormai caldo, per quanto possa esserlo a Berlino… negli ultimi giorni di novembre.
Dopo una breve pausa, una sigaretta e una ricarica spirituale è il turno degli australiani Mammoth Mammoth, che esplodono letteralmente sul palco in un tripudio infernale. Sono sporchi e per niente cattivi, i Mammoth Mammoth. Si divertono e fanno divertire: Mikey – il cantante che “come corpo morto cade” di tanto in tanto, a la maniera di Dante – è un vero e proprio frontman, con tutte le qualità (e probabilmente i difetti) dei migliori imbonitori. I colpi secchi della batteria risuonano sotto i miei piedi, uno strano intruglio di stoner pesante fuzzoso in cui vengono iniettati piccoli, calibrati, intonati interventi HC.
Due band diverse tra loro, entrambe con un sacco di cose da dire. Gli svedesi, più raffinati e affanscinantemente europei; gli australiani dirompenti ed energetici. Una serata adrenalinica nel suo complesso. Il backstage è una sala bianca… con un vasto assortimento di frutta (alla mia domanda “cazzo, ma c’è qualche vegetariano/vegano” mi hanno quasi riso in faccia: lì ho capito che non era stata una loro idea) per gli affamati e di alcolici per gli assetati: ancora una volta c’è qualcosa di dantesco. Un Purgatorio di chiacchiere e risate, di stanchezza e cambi d’abito.
Sul banchetto del merchandise mi è stata fatta notare una bottiglia di vino con l’etichetta dei Mammoth Mammoth, così – un po’ per curiosità, un po’ per stupidità cronica – chiedo a Frank (uomo percussione della formazione d’oltreoceano) qualcosa del tipo: “Sì ok, senti un po’: io sono italiana, con me non puoi scherzare sul vino… Cos’è quella cosa che vendete?” Date le ultime esperienze avrei dovuto cacciarmi la lingua dove non batte il sole, lo so. Ma che ci posso fare… Mi disegnano così. Di contro Frank si è fatto una risata rivelandomi le sue origini italiche e svelandomi il suo essere produttore di vino, per mestiere. Chapeau, che altro dire: a questo punto non mi interessava più manco sapere quanto fosse buono o cattivo quel vino. Credo di aver deciso a questo punto dello spasso di scrivere questo breve testo per Perkele. E visto che mi piace la scrittura circolare, finisco proprio nel punto in cui tutto è iniziato, sebbene la serata vera, secondo mia personale opinione, sia iniziata proprio in quell’istante.
Vi racconto fino a questo però, perché (parafrasando Simon de Beauvoir) le cose omesse a volte sono quelle importanti, e tra nomi e accadimenti ci sono una serie di stronzate che voglio tenere per me.

In fede,

S.H. Palmer