ABYSMAL GRIEF – The Occult Box
Nel 1977 col brano “Terror” i Death SS coniarono un termine per identificare una musica sacrificata alla glorificazione dell’arte funeraria: horror music. Oggi, esattamente 30 anni dopo, gli Abysmal Grief ne sono i più autentici interpreti, apparendo la reincarnazione della band pesarese nella sua storica ed originaria line up (quella del leader Paul Chain affiancato da Steve Sylvester).Un gruppo, gli Abysmal Grief, che pare vivere in una propria dimensione, dove la tristezza e l’oscurità circondano l’aria che si respira; un gruppo che “vive” la morte e considera il lutto come inseparabile compagno di vita. La pubblicazione dell’ omonimo album di debutto è l’occasione per approfondire la conoscenza della discografia del terzetto genovese.
“Abysmal Grief” (Black Widow Records – 2007)
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Registrato sul finire del 2004 (ma pubblicato solo oggi a causa di ritardi accumulati dalla Black Widow Records), “Abysmal Grief” è probabilmente l’opera più contorta ed ambiziosa del trio genovese. Un disco che vive sul continuo incastro/scontro fra il riffing chitarristico di Regen Graves e l’apporto, fondamentale, del lavoro alle tastiere/synth di Labes C. Necrothytus, la cui tenebrosa voce somiglia sempre più a quella di Fernando Ribeiro (Moonspell). La varietà delle canzoni è il punto forte del disco, che vede la band costruire brani articolati che vivono su più soluzioni ed umori sonori. L’opener “The Necromass: Always They answer” è una suite di dark doom cimiteriale, dove al suo interno si alternano lugubri doom riff a tristissime note di organo, prima di lasciare spazio ad un recitato in latino (declamato dall’ospite Mario “The Black” Di Donato) che rabbrividisce i sensi. Un pezzo incredibile è “Cultus Lugubris”, in quanto possiede un notevole groove di fondo nonostante si presenti come una tetrissima cavalcata horror metal, mentre “When The Ceremony Ends” non poteva chiudere al meglio il disco, avanzando lenta e strisciante verso la fine, dissolvendosi in un temporale nel quale si ode, lontano, l’eco di una campana funebre. Infine, “Requies Aeterna”, in assoluto la canzone doom dell’anno: semplicemente, l’estrema unzione messa in musica, dove campane a morto accompagnano l’andamento funerario della song. Questa canzone dovrà essere la colonna sonora del mio funerale: saranno queste le mie ultime volontà.
“Mors Eleison” (I Hate Records – 2006)
“Mors Eleison” è un mini album di quattro pezzi concepito come ideale omaggio alla morte ed al suo inesorabile arrivo. La title track poggia su un grandissimo lavoro chitarristico di Regen, abile nel creare atmosfere occulte. Particolare è “The shroud”, una raggelante nenia basata su violacei synth ed effetti vocali declamanti rosari e preghiere all’aldilà; fa bella mostra di sé la cover di “Occultism” di Paul Chain (da sempre fonte d’ispirazione del gruppo genovese). Ma il brano che si erge è la conclusiva “Mysterium umbrarum”, una vera suite di doom funereo atta a celebrare il culto e il riposo dei defunti. Un brano dove oscuri synth s’incontrano con sfuriate elettriche ed un tetro recitato in latino accompagna fino alla coda finale dove un clarinetto declama note d’infinita mestizia.
“Creatures from the grave” (Self produced – 2004)
“Creatures from the grave” è invece un single EP che poi apparirà anche sull’album in una versione rimasterizzata e definitiva. Un brano che dopo un inizio cadenzato si sviluppa come una cavalcata horror doom apparendo dinamico nonostante la componente cimiteriale di fondo sia sempre presente. C’è da segnalare anche la song di Tony Tears che completa lo split, “L’entità della salvazione”, ottimo viatico per conoscere questo artista genovese dedito ad un’interessante forma di dark sound dai risvolti occulti esoterici.
“Hearse” (Horror Records – 2002)
Splendida confezione per questo EP con copertina (e che copertina) apribile e vinile grigio marmoreo limitato e numerato a 666 copie. Rispetto agli standard del gruppo, “Hearse” e “Borgo pass” poggiano su ritmi più dinamici, presentandosi ricche di un efficace groove nero. La title track è uno dei brani più efficaci mai scritti dal trio e viene spesso usata come opening track dei loro concerti.
“Exsequia occulta” (Self produced – 2000)
Come recita il titolo, un vero e proprio rituale negromantico è trasmesso in musica nella title track. Tredici minuti di arte musicale funeraria, con un brano di sepolcrale e lentissimo doom metal atto a descrivere le emozioni/sensazioni che scaturiscono da questa antica ed occulta pratica; uno dei migliori brani concepiti dal gruppo. Il secondo pezzo, “Sepulchre of misfortune”, smorza per un momento la greve e pesante atmosfera creata dal pezzo precedente, sviluppandosi come un mid tempo memore di certe cose dei Moonspell più ‘orrorifici’.
“Mors te audit” (Self produced – 1999)
Cassetta promo realizzata in sole 13 copie e distribuita fra gli amici più intimi del gruppo. Contiene la prima versione di “Hearse”, nonché brani che ancora oggi il gruppo propone dal vivo, come “Open sepulchre” (il sottoscritto ne cerca disperatamente un copia).
“Funereal” (Demo tape – 1998)
Demo di debutto. L’intro “Violeceum sepulchrum” è ancora oggi utilizzato come apertura dei loro concerti. Il gruppo è giovane e palesa le proprie influenze, fra le quali un leggero background virante a certo black metal (soprattutto nell’approccio vocale). Brani come “Fear of profanation” e “Cemetery” mettono comunque il gruppo già su un livello superiore rispetto all’underground italiano dell’epoca.
Sta a voi decidere se volete ascoltare gli Abysmal Grief, un gruppo che ogni appassionato della musica dark, in ogni sua forma, dovrebbe fare suo, al fine di capire quanto possa essere piacevole il triste abbraccio dell’oscurità che circonda la nostra esistenza. Intanto noi vi proponiamo una discografia consigliata:
Abysmal Grief
Mors eleison
Hearse
Exsequia occulta
Marco Cavallini