AMPLIFIER – Amplifier / The astronaut dismantles Hal

Onore alla Steamhammer che ha il merito di portare alla luce questo piccolo gioiello underground che rischiava di andare perso, schiacciato dall’assurdità dei meccanismi del music business. “Amplifier” uscì infatti nel 2003 su Music For Nations, ma venne quasi immediatamente ritirato dal mercato a causa del fallimento dell’etichetta. Oggi è fortunatamente di nuovo disponibile, arricchito di un bonus cd e confezionato in un elegante digipack.Gli Amplifier provengono dall’Inghilterra e ciò è avvertibile nelle loro canzoni, ammantate dal tipico senso di velata malinconia che contraddistingue da sempre i gruppi inglesi. Il trio suona un rock ‘spaziale’, molto robusto nelle sue parti heavy ed altrettanto dolce nelle sue porzioni melodico psichedeliche, avvolgendo il tutto in un alone che rimanda a certe soluzioni post rock. Le canzoni avanzano lente e soffuse esplodendo poi in energici refrain che s’incastrano alla perfezione nell’atmosfera ipnotico lunare del disco. Qualcuno ha paragonato gli Amplifier a gruppi come A Perfrect Circle, Tool e qualche similitudine è avvertibile, comunque il gruppo al quale i nostri si avvicinano maggiormente sono i Porcupine Tree. Ascoltando le ottime “Old movies”, “One great summer” e soprattutto la splendida ballata psichedelica “On/Off” viene naturale pensare alle sonorità della band di Steve Wilson (soprattutto quelle degli ultimi dischi, caratterizzati da un’impronta più heavy rispetto agli esordi). Canzoni in grado di far “volare” lontano e che resteranno a lungo impresse nell’animo di chi ama la musica fatta con la mente e, soprattutto, il cuore.
Pubblico e critica sono rimasti giustamente affascinati della bellezza di questo lavoro. La SPV, per la serie “batti il ferro finché è caldo”, ha subito pubblicato un nuovo EP del trio inglese, sperando di sfruttarne il momento di gloria. “The astronaut dismantles hal” non propone nulla di nuovo, non una minima evoluzione da quanto detto dagli Amplifier nel debutto e, anzi, non ne raggiunge il valore. Alcune di queste nuove song non reggono il confronto col precedente album (che azzeccava invece 10 brani su 10). Lo stile è rimasto immutato, un’ emozionante rock psichedelico che alterna robuste porzioni hard a vellutate pause liquide, e l’ombra dei Porcupine Tree aleggia forse ancora più marcatamente che in passato. Molto belle l’iniziale “Continuum” e la finale “Live human”, peccato che in mezzo si trovino canzoni scialbe che non dicono niente, al punto da sembrare scarti di vecchie session/registrazioni (è il caso di “Into the space age”). Fossimo stati nella band avremmo aspettato cercando di concentrarsi maggiormente su nuove idee: questo EP è discreto, ma viste le premesse era lecito aspettarsi di più.

Marco Cavallini