DAVE HEUMANN – Here in the Deep

A Dave Heumann affiderei il destino dell’intera musica rock dell’avvenire. Il suo tocco speciale, la genuinità dell’artista e non ultimo il suo contributo con gli Arboretum, hanno contribuito a definire una nuova sensibilità espressiva a quello che oggi viene genericamente definito come rock di classe. Attenzione non solo Seventies rock o psychedelic rock, bensì rock a cui hanno dato un’anima e non soltanto ormoni. “Coming Out the Fog”, l’ultima fatica degli Arboretum, ci ha portato fuori dalla foschia del bosco, verso le rilassanti rive di un fiume pacifico. Da lì abbiamo rimirato il sole, la luna, le stelle. E nella stessa direzione procede “Here in the Deep”: una bucolica contemplazione della natura e del destino degli esseri umani.
La chitarra acustica è l’elemento predominante dell’intero mood del disco e, alla stessa maniera di Jason Simon, titolare dell’emerita ditta Dead Meadow, Dave ha dato voce alle composizioni che in un modo o nell’altro uscivano dal binario della band madre. Nelle punte più alte del disco si ha la sensazione di trovarsi al cospetto di Donovan, tanto è dolce il miele che viene profuso. La strumentale “Leave Underfoot” non è tanto distante dal primo Angelo Branduardi, per esempio. Ma il nostro è cresciuto anche con una valanga di distorsione nell’amplificatore: l’opener “Switchback”, insieme a “Ends of the Heart” e “Greenwood Side”, ribadisce che le radici non sono state dimenticate, seppur ammorbidite. Qualcosa del genere aveva fatto capolino nella discografia degli Arboretum nelle uscite a lato: “Covered in Leaves” e “A Gourd of Gold” esaltavano la vocazione di Dave a ricercare qualcosa di non convenzionale e ricco di pathos. Il resto naviga verso lidi finora inesplorati.
“Holly King on a Hill” si tinge della porpora mediorientale con quel suo incedere stonato e ammaliante. Molte volte si sentono arrangiamenti che utilizzano synth vintage, di ottantiana memoria, insieme a clarini e archi, come nella leggerissima “Cloud Mind” che sfiora i sensi senza appannarli. Tutto è omogeno, amalgamato ed organico. Per chi ama gli Arboretum, “Here in the Deep” è vivamente consigliato per arricchire la propria discografia nella sezione smoke one joint and relax. Per chi ha bisogno di adrenalina e cafonaggine, tenersi alla larga. Il nostro Dave potrebbe sembrare un vecchio zio rincoglionito.

Eugenio Di Giacomantonio