DEAD PEACH – Psychle
In the name of fuzz.Questa recensione potrebbe finire qui. E invece no, perché i Deadpeach, dopo l’ep “Old fuzz generation”, al primo tiro colpiscono nel segno. Un disco di sette brani prodotto dalla Go Down e denso di sonorità calde, pastose, colonna sonora perfetta di una torrida estate. Ruvido garage rock, psichedelia visionaria, attitudine punk, fuzz a iosa. Questo è “Psycle”, un concentrato di musica ad alto potenziale lisergico, che attraversa 30 anni di musica psichedelica, partendo dai ’60/’70 (Blue Cheer, Jimi Hendrix, The Stooges e MC5 su tutti), attraversando gli ’80 (dai Chrome agli Spaceman 3) per arrivare ai nostri giorni (chi ha detto Mudhoney, The Heads, Dead Meadow e Nebula?).
“Orange buzz” è un inno al fuzz, “Family and lies” fa del garage rock il proprio credo, “Silver house” è una giocata hard psych da fuoriclasse, roba degna dei migliori Dead Meadow, se non superiore… La potenza delle ritmiche (Stefano al basso, Michele alla batteria) sostiene i deliri di Giovanni (chitarra, voce), un vortice di fuzz, riff e wah-wah da levare il respiro. Come accade nel caso di “Dewo” e “Benares”, due matasse dannatamente psichedeliche ma anche oscure, malinconiche, una vena che arricchisce un piatto già ricco. E se “In the power of the road” ci catapulta ubriachi per strada (o in un bordello, fate un po’ voi), la conclusiva “Stars” è l’ideale per prendersi una pausa (magari in spiaggia, di notte, in compagnia della propria bella) e terminare la giornata in relax, prima di riattaccare la spina e accendere il fuzz.
Orange buzz, gimme more fuzz. Orange way, pull me away…
Alessandro Zoppo