DHUNE – Medusa

Difficile trovare band che in un solo disco riescono a fondere metal moderno (e non), stoner e gothic, in una fusione singolare ed accattivante. Infatti i Dhune suonano alquanto originali alle mie orecchie, la miscela inedita di tali influenze li rende freschi e facilmente fruibili. Le tracce sono intrise di un costante alone dark, accentuato dalle atmosfere create dalle tastiere – tuttavia mai invadenti – e, mentre le chitarre ribassate architettano riff imponenti e colossali, le voci (Davide e Cinzia) si alternano in maniera egregia, lui dotato di corde possenti e ben istruite (lo stile si avvicina talvolta a quello di Mr. Warrel Dane), lei anima candida e soave (in veste di corista).Ottima partenza affidata a “Fading truth”, chitarre robuste e ritornello catchy, caratteristica tipica del combo piacentino. Riffoni alla Zakk Wylde ci tengono compagnia nelle seguenti “The Reason” e “Fly Away”, sempre accompagnati dal buon ritornellone. Un tuffo nel gothic metal con “Medusa”, inno di malinconia e solitudine, evocativa ed affascinante. Tornano alla mente quei capolavori di metà anni ’90 come “Wildhoney” dei Tiamat o “Draconian Times” dei Paradise Lost, tanto per citarne alcuni, ma con una spiccata sensibilità tipica dei Nevermore più intimisti. Con “We Are Divine” penso invece ai Charon di “Tearstained” in quanto a semplicità e carica emotiva, mentre con “The Storm” ci troviamo di fronte ad un pezzo stoner moderno, grondante groove e con dei riff davvero notevoli (e con dei ritornelli davvero ruffiani). Un orecchio poco attento potrebbe giungere alla conclusione che i Dhune sono solo una mera accozzaglia di generi troppo distanti tra loro per andare d’accordo, io invece sono convinto del contrario. Bisogna sempre tener conto di come si portano avanti certe contaminazioni, e nel caso dei Dhune sono espresse in maniera del tutto intelligente. Possiamo forse parlare di stoner gothic metal? Se non vi piace possiamo tranquillamente togliere ogni tipo di etichetta, ma l’invito a scoprire questa promettente band rimane.

Davide Straccione