DUSTEROID – Tyrannosonor

Giunge da Londra il secondo full lenght dei Dusteroid. La provenienza del power trio dalla terra di sua Maestà va di pari passo con le influenze che dominano “Tyrannosonor”. I Dusteroid sono amanti di sonorità stoner aggressive e potenti, a metà strada tra il massiccio stoner da Route 66 e quello imbastardito e appesantito, che piace tanto ai fan di band come Orange Goblin e Firebird. Il gruppo britannico è capace e divertente, galvanizza l’ascoltatore con riff incendiari, ottimi ritornelli e melodie che incrociano l’amore per l’hard & heavy con la passione per il blues ed il rock.Le voce di Dimitris Blanos (voce e unica chitarra) è figlia di mostri sacri come Ben Ward e Neil Fallon, passando per qualche veloce intermezzo stile Lee Dorrian. Dietro la grafica dell’artwork catastrofista, un ottimo digipack disegnato dal bravo Rhys Wootoon (dal tratto americano), si nasconde una buonissima proposta, anche se spesso cade nel dazio da pagare per tutte le realtà underground. Infatti talvolta le soluzioni proposte sembrano molto simili agli originali (come nel caso di “Defy” o di “Imprisonement”); tuttavia ci sono anche dei momenti in cui si mette in mostra la personalità e l’appeal del gruppo.
Tra tutti i brani spiccano tre tracce, le più interessanti del lotto: “Tomahawk Storm Troopers”, “Whiskey Overdose” e la conclusiva “Dusty Roads”. “Tomahawk Storm Troopers” è la vera chicca del disco, dall’intro che mette in luce un fraseggio molto coinvolgente e frizzante all’ottimo chorus, per un brano che è un vero e proprio colpo di ascia in piena fronte (a prescindere che si tratti di un missile o di un arma dei nativi americani, fa male lo stesso). “Whiskey Road” è una sbornia mal gestita, con stracciabudella di ultima qualità, tra i Black Sabbath, gli Orange Goblin ed una jam di blues acido e sporco. “Dusty Roads” ci accompagna per 13 minuti verso la conclusione del lavoro, ma si tratterebbe di due brani di cui il secondo è una delicata quanto piacevole improvvisazione acustica, un omaggio ai grandi gruppi dei seventies.
Il resto del disco si snoda tra Clutch e Firebird, Black Sabbath e Cathedral più hard rock, tra Orange Goblin (periodo “Frequencies from Planet Ten”) e Alabama Thunderpussy. Anche se non cambierà le sorti della scena heavy psych, questa dei Dusteroid è una prova davvero convincente e soddisfacente. Un disco che ha il suo perché: dategli un’occasione.

Gabriele ‘Sgabrioz’ Mureddu