EKESKOG – Five Skinsplits before The Flight

Cos’hanno in comune Slint, Radiohead, Melvins, Kyuss, Tool e Pelican con la poesia densa di violenti aforismi di Lautréamont e la narrativa gotica di Walpole? apparentemente non molto, ma gli Ekeskog non sembrano pensarla così, almeno a giudicare da “Five skinsplits before the flight”, secondo demo della band bresciana, un’altra sotterranea incisione che come da tradizione italica mescola tutti gli ingredienti del più spigoloso rock indipedente, in un onirico e avventuroso viaggio fatto di studiate distorsioni, parti vocali intimiste e atmosfere ravvisabili in prossimità del crepuscolo. Il dischetto è avvolto in una bella confezione artigianale, però la registrazione sufficientemente professionale e la perizia del terzetto fuga ogni possibile dubbio di dilettantismo: il primo strumentale “Close pt.2” è un post rock che fa tornare in mente gli Shellac rivisti alla luce delle esperienze psichedeliche di questi ultimi anni, così come la seguente “Pandemonium” si allarga verso sensazioni notturne grazie a vocals malinconiche e solidamente rock che fanno capolino nell’ultima parte.Da “Delitzschala Bitterfeldensis”, un’effettistico intermezzo paleozoico studiato con efficacia, questa seconda fatica degli Ekeskog è destinata a crescere: si arriva infatti all’ottima “The Void Is The Vortex Is The Void”, nella quale il terzetto molla il freno e si lancia in una dura, evocativa psichedelia progressiva, che trasfigura indie e stoner in una spirale in continua mutazione. “Requiem For Moribata” ci fa infine assaporare il lato informale del terzetto, tra cupi rumorismi che risuonano funesti, evitando però di scadere nell’effettaccio. Non so in questi ultimi periodi come si sia evoluto il cammino degli Ekeskog, ma già “Five skinsplits before the flight” è un capitolo soddisfacente.

Roberto Mattei