EL GORDO – The man behind the machine
Grasso. Di nome e di fatto. Gli El Gordo giungono al disco d’esordio con questo “The man behind the machine”, album dal sound ciccione, concentrato di diverse scorie sonore che fanno tutte capo al classico stoner rock. Basta prendere riff di matrice Kyuss, ritmiche quadrate, vocals filtrate, la sana passione per ragazze in bikini, spiagge e macchine veloci che ha reso celebri i Fu Manchu e il gioco è fatto. Tuttavia è proprio questo il limite maggiore della band: i dieci pezzi del cd scorrono via potenti e rapidi senza lasciare molto alle proprie spalle. Se si vuol resistere ed emergere in un panorama come quello heavy psych odierno ci vuole molto, molto di più. In personalità e scrittura dei brani.Detto questo, chi ama il rock sporco e slabbrato da assaporare in auto durante un viaggio su strade polverose troverà pane per i suoi denti. Brani lunghi e selvaggi come “Black diamond”, “Echo: silence” e “Close to the Mexican border” sono colossi di pietra nei quali il massimo potenziale del gruppo emerge tosto e prepotente, un vortice di fuzz, effetti e ritmiche stordenti. “Grabber” e “Bikini” lasciano qualche spazio a trame fumose e distorte, “A fragment from the past” libera cellule heavy blues, il resto è pura routine, ben composta ed eseguita, ma pur sempre routine.
“The man behind the machine” è un lavoro piacevole e acerbo, che fa sperare per il futuro dei tre se sapranno smussare gli aspetti opportuni. Agli El Gordo consigliamo infatti di approfondire il versante psych jam del songwriting perchè è da lì che vengono i risultati migliori.
Alessandro Zoppo