GILVIAN – Gilvian

Gilvian è l’acronimo dietro al quale si cela Roberto Ferrario, musicista pugliese e mastermind dietro il progetto. One man band che debutta con questo album omonimo autoprodotto, che si avvale della produzione di Enrico Zavalloni. Lo stesso Ferrario definisce Gilvian un improbabile incrocio tra Kyuss, Depeche Mode e Puscifer. Al di là di paragoni con nomi noti, e probabili o meno miscelanze di generi, quello cui ci si trova di fronte a conti fatti è un album di indie rock con connotazione elettronica. Tutto verte principalmente sulla chitarra e le linee vocali, a volte riuscite a volte meno, accompagnate da un’algida drum machine e da uno scarno synth. Gli episodi validi non mancano (soprattutto “Gulty Room”, “Cold Mantra” o “Swing”, ottima cover dei Japan) e la produzione risulta impeccabile, ma quello che traspare lungo i 55 minuti scarsi di durata è la mancanza di una linea guida, di un’idea da portare avanti. Troppo spesso ci si perde in parti che fungono da mero riempitivo o si paga dazio ai numi tutelari, con il risultato di una mancata originalità e incisività. Sono molti, forse troppi i rimandi ai Puscifer e A Perfect Circle e non è pervenuta l’intenzione stoner. Dal marasma insomma esce fuori ben poco, nonostante le collaborazioni con Per Øyvind Stene ed Elisabeth Endresen degli Zoo Lounge e lo stesso Zavalloni di Mondo Cane. Un disco prolisso e confuso, dove a farla da padrone è la quasi totale mancanza di inventiva.

Giuseppe Aversano