GREAT DAY FOR UP – Ready rock
Albany, New York. Terra di conquiste musicali eccellenti, terra soprattutto di azzardi e sperimentalismi. Proprio da questo background nasce la proposta sonora dei Great Day For Up, band alla prima uscita sulla lunga distanza dopo la militanza dei vari membri in gruppi seminali della scena newyorkese come Handsome e The Spitters. Una musica dalla classificazione difficile, quasi impossibile, vista la varietà di temi e umori impressi: l’approccio è estremo, la struttura delle composizioni quasi progressiva, i cambi di tempo e le continue variazioni di tono spiazzano e sorprendono. Le chitarre di Mike Vitali sono fluide e contorte, il cantato di Michael Langone poliedrico, mentre le sezione ritmica (David Lahaie al basso e Terry McCoy alla batteria, a tutt’oggi sostituito da Jared Krak) spezza e ricompone ciò che resta di una destrutturazione sonora stravagante e a tratti paradossale.
Quanto detto è espresso alla perfezione da un brano come “Crash landing” che unisce le varie anime della band: in tre minuti viene sintetizzato tutto il discorso che nelle altre dieci tracce è analizzato e scomposto fino ai minimi termini. L’iniziale “X”, le atmosfere assurde di “I’ve got a plan” (simili per certi versi a quelle schizoidi dei Mr. Bungle) e la pesantezza percussiva di “Television” indirizzano verso una forma deviata di noise metal di scuola Helmet. “Hit” e “Chess fiend” spostano invece l’obiettivo sulle sonorità malsane dei Clutch, arricchite da preziosi stacchi al limite del jazz. Ma tutto ciò non basta: “In this circle” e “Coming home” deviano verso lidi funky e dub, impreziositi anche da melodie a presa rapida. Un atteggiamento sperimentale e avanguardistico degno dei migliori Primus aleggia inoltre su “Ghost cycle”, “Cash money” e la conclusiva “Future shock”, dove break jazzati e innesti tribali si mischiano a riff acidi ed obliqui.
Un inizio folgorante, non c’è che dire. Tanto coraggio andrebbe come minimo premiato e sponsorizzato. Se ciò non dovesse accadere consoliamoci pensando di avere tra le mani una band pazza e devastante come poche. Di sicuro Frank Zappa sarebbe fiero di loro…
Alessandro Zoppo