HELLBLOCK 6 – Burnin’ doom / Nuclear age

Immaginario horror esoterico e brutalità a quantità industriali sono le caratteristiche peculiari del suono che contraddistingue gli Hellblock 6, furioso power trio che con “Burnin’ doom” e “Nuclear age” è pronto a sconvolgere le vostre cellule cerebrali. Band composta da Anthony (batteria e voce), Greg (chitarra) e la bella Noelie (basso), i tre ci sputano addosso un fritto misto in cui potrete gustare saporite mazzate sludge, rallentamenti doom vecchia scuola, sfibranti pugnalate grindcore, divagazioni thrash e putridi riffoni southern.
“Burnin’ doom” è il disco d’esordio, uscito nel 2002 sotto l’ala protettiva della WorldEater Records. Dieci soffocanti tracce ben prodotte ed eseguite, con una scarsa varietà compositiva rispetto al passo successivo ma animate dalla voglia di estremizzare su tutti i livelli l’aggrovigliata materia extreme metal. Si passa così da lerci e puzzolenti monoliti sludge doom (“Nothin’ to do”, “Burnin’ doom”, “Manhunt”, la splendida e terrificante “War between the worlds”) ad assalti a cavallo tra death, crust e grind (“Clean the sin with fire”, “Fuck off”), senza dimenticare le vecchie passioni hardcore (“Lime pit”, “Stingray”) e ceffoni rawk’n’roll demoniaci e luciferini come insegnano gli Entombed (“Drink to think”, “Wasteland”). Un debutto cattivo e scomodo dunque, che in qualche punto manca di una maggiore messa a fuoco ma già lasciava presagire successive delizie.

Nel 2003 ha infatti visto la luce “Nuclear age”, notevole passo in avanti mosso dai tre assatanati: a dispetto di una registrazione fin troppo sporca che lascia un po’ l’amaro in bocca, i nove pezzi che compongono il disco godono di un maggiore eclettismo in sede di songwriting e di una malvagità sì istintiva, primordiale, ma meno fine a sé stessa e più ragionata. Prevalgono sempre le ferite mortali assestate a colpi di sludge (“Turned insane”, “Nuclear age”, “Coma”, la bellissima e mentalmente deviata “Blue sunshine/Cast down”), hardcore (“Go die”) e grind (“Damien”, caratterizzata da un ispirato e catacombale break doom), ma la gamma di armi viene ampliata da nuovi ed affilati strumenti di distruzione. “Lies of the eyes” mischia il death con una intro acustica piuttosto claustrofobica, la strumentale “Sunday” è uno stoner sabbathiano in piena regola che ci fa tirare fuori dalla cassapanca i pantaloni a zampa, “Oblivion” conclude la discesa negli inferi con un carico di psichedelia rilessa nella sua ottica più eccessiva.

Un plauso quindi alla WorldEater Records per donarci una band così tosta e uno ovviamente agli Hellblock 6, tre pazzi che animeranno le nostre nottate più oscure e maledette…

Alessandro Zoppo