HUMO DEL CAIRO – Humo del Cairo

L’Argentina, si sa, è terra della pampa, del tango, delle Ande ma è anche la terra di una prolifica scena rock che sta muovendo scenari interessanti. Così, dopo i promettenti Poseidotica ed i più conosciuti (ed ottimi) Los Natas, giungono da quelle parti pure gli Humo del Cairo, un altro trio di belle speranze che si presenta finalmente al pubblico con questo omonimo esordio. A dire il vero sono in giro dal 2004, ma solo oggi sono riusciti a compiere il loro passo più grande grazie all’apporto della Meteorcity.Analizzando il disco nei dettagli diciamo subito che, nonostante le similitudini con i più famosi connazionali (compreso il cantato in lingua madre), gli Humo del Cairo sviluppano un’intelaiatura sonora che abbraccia vari elementi del pianeta psycho stoner blues. Pertanto ci troviamo di fronte le consuete scorribande kyussiane (“Panorama”), potenti cavalcate jammy alla Earthless (“Cauce”), momenti più rilassati di psichedelia progressiva circondati da pregevoli chitarre wah-wah che si vanno ad irrobustire verso la fine (“Nimbo”) ed altri più anfetaminici (la traccia iniziale “A tiempo” e “Fuego de San Antonio”). Una mistura incandescente di Pappo’s Blues, Santana, Jimi Hendrix e Tia Carrera.
Menzione per la piramide egizia raffigurata in copertina che dà un tocco mistico che circonda il deserto ed il cerchio si chiude. Molto buono il lavoro ritmico, in particolare del basso di Gustavo Bianchi, sempre preciso e ficcante per un disco che piacerà sicuramente ai fan del latin stoner della prima ora. Devono migliorare ancora alcuni aspetti (leggi songwriting) ma le potenzialità ci sono ed il tempo è dalla loro parte. Buona la prima.

Cristiano Roversi